L’Università di Medicina di Tokyo ammette di aver falsificato i test di ammissione delle donne
Le accuse rivolte dai media giapponesi all’Università di Medicina di Tokyo si sono rivelate veritiere. Come riportato dal “Guardian”, l’Università di Medicina di Tokyo, uno degli istituti tra i più prestigiosi in Giappone, avrebbe ammesso di aver deliberatamente alterato i punteggi delle prove di ammissione per limitare il numero di studentesse ammesse al 30 per cento del totale e garantire ad un numero maggiore di uomini di diventare dottori. Lo scandalo è esploso quando lo scorso due agosto fonti anonime facenti parte dell’amministrazione dell’Università avevano rilasciato dichiarazioni a diversi quotidiani giapponesi che confermavano la pratica, vista come un “male necessario”, e che avevano immediatamente fatto partire un’indagine interna. Questa avrebbe accertato che nell’ultimo test d’ingresso fatto dall’università a tutti i partecipanti sarebbe stato tolto il 20 per cento del punteggio ottenuto, e solo ai partecipanti maschi sarebbero stati successivamente aggiunti almeno 20 punti. Ma, oltre a confermare quanto denunciato dai giornali, l’inchiesta avrebbe fatto emergere un fatto ancora più grave. La pratica illecita non avrebbe avuto inizio, come si sospettava, nel 2011; le falsificazioni sarebbero iniziate ben prima del 2006.
Oggi sono arrivate le scuse del direttore amministrativo dell’Università di Medicina di Tokyo Tetsuo Yukioka e da un rappresentante del consiglio direttivo dell’università Keisuke Tomizawa, che si sono inchinati durante la conferenza stampa sulla discriminazione di genere praticata dall’istituzione. “Siamo sinceramente dispiaciuti per questi fatti illeciti che hanno causato preoccupazione e problemi a tante persone e per aver tradito la fiducia pubblica”, sono state le parole di Yukioka alla conferenza. L’Università ha inoltre dichiarato di voler ammettere retroattivamente tutte le donne che sono state escluse in passato, ma non ha dato ulteriori spiegazioni in merito.
In Giappone il problema della discriminazione delle donne sul lavoro, basata sulla convinzione che queste, una volta sposate o diventate madri, possano non adempiere al proprio dovere con la stessa serietà di un uomo, è grave, specialmente in campo medico. Secondo le statistiche, tra le persone che passano l’esame di stato per diventare medici le donne ammesse sarebbero circa il 30 per cento. Visti questi dati, sarebbe lecito il sospetto rivolto anche ad altre facoltà di medicina che potrebbero avere atteggiamenti discriminatori nei confronti delle donne.
Queste ultime rivelazioni rafforzano la convinzione che in Giappone continui ad esistere un sessismo istituzionalizzato nel mondo del lavoro e dell’educazione e rendono vani gli sforzi del Primo Ministro Shinzo Abe di creare una società “in cui le donne possano brillare”. Il ministro dell’Istruzione Yoshimasa Hayashi ha detto che farà riesaminare le procedure di ammissione di tutte le facoltà di Medicina.