Tornare di Cristina Comencini: Recensione del film
Tornare è il nuovo film di Cristina Comencini con Giovanna Mezzogiorno: è stato presentato in anteprima come film di chiusura alla Festa del Cinema di Roma 2019.
Tornare è la storia di un ritorno fisico, ma anche di un viaggio indietro nel tempo per risolvere alcune questioni mai veramente affrontate. Alice (Giovanna Mezzogiorno) è una donna quarantenne di successo che è partita per gli Stati Uniti subito dopo il diploma. Figlia di un generale americano della NATO di stanza a Napoli, dovrà ritornare alla sua vecchia casa in occasione del funerale del padre.
Alice conserva ricordi ambigui della sua ampia casa di famiglia affacciata sul Golfo di Napoli, ma non riesce a dare una forma ed un significato alle sue inquietudini. Appena arrivata, e una volta da sola nella grande casa di famiglia, un uomo aiuta a ricordarle il passato. Marc (Vincenzo Amato), dopo aver aiutato il padre malato, è deciso ad aiutare anche Alice a ricordare, anche lui agendo in maniera a dir poco ambigua.
Alice, comunque, riesce a ricordare autonomamente tramite bellissimi flashback al passato, rivedendo lei prima da ragazza e poi da bambina. Ne scaturisce un dialogo surreale che riesce ad essere quanto mai intergenerazionale. L’ottima somiglianza tra l’Alice giovane (Beatrice Grannò) e la donna quarantenne rende sicuramente più plausibile l’intreccio.
Tre generazioni a confronto: Tornare è un viaggio a ritroso
Nel nuovo film della Comencini si prova a realizzare un desiderio insito in chiunque: incontrare il più giovane sè stesso per dargli o darle consigli e indirizzare le sue scelte verso la migliore direzione possibile. Alice vede fisicamente il suo passato rivivendo – senza particolare idealizzazione – tutto ciò che si è lasciata alle spalle e che ha perso in un sol colpo. Il rapporto col padre, il rapporto con la città, il rapporto con la sua vita, tutto ciò viene spazzato via da un singolo avvenimento che spinge il padre di Alice a mandarla all’estero a tempo indeterminato.
La ricerca delle cause di questo evento impegna di fatto la sceneggiatura, interessata a ritardare il più possibile il disvelamento dell’enigma: in questa fase il film assume quasi tinte noir, con la caratterizzazione che si addice a tale genere. Una Napoli sempre nuvolosa e cupa fa da sfondo a questa peculiare storia che si svolge tutta tra reale ed immaginario.
Le prove attoriali non sono da sottovalutare: tutti i personaggi sono caratterizzati abbastanza bene e la buona interpretazione di Giovanna Mezzogiorno riesce a dare una marcia in più al film, altrimenti ridondante e prolisso nella parte centrale.
Alcuni problemi di sceneggiatura rendono il finale frettoloso
Come si diceva prima, il disvelamento dell’enigma tarda eccessivamente e dilungandosi la sceneggiatura sulla dicotomia passato-presente, reale-irreale, si perde di vista il nodo effettivo della questione: l’inquietudine della protagonista.
Il finale, quando arriva, non è risolutivo come dovrebbe essere. Alla fine del film trovano ad intrecciarsi ben tre piani temporali e si incontrano fisicamente Alice bambina, ragazza e donna adulta. Ogni fase della sua vita ha un nodo irrisolto da sciogliere ed il finale è troppo striminzito per dare degno sviluppo a tutte le questioni sollevate. Si fa quindi parecchia confusione in un punto centrale per la riuscita del film.
Nonostante gli intenti della sceneggiatura siano abbastanza chiari, le nebbie dell’ambiguità non riescono a diradarsi, circostanza che potrebbe penalizzare un film che comunque riesce a regalare momenti di sensibilità e di tenerezza, i cui sviluppi non sono certamente banali. Peccato anche per l’ottima ricostruzione storica e quindi scenografica: il viaggio di Alice nel suo passato è, in un certo senso, anche il nostro.