The Farewell – Una Bugia Buona: Recensione del Film
The Farewell, il secondo lungometraggio di Lulu Wang, incontra pareri favorevoli alla Festa del Cinema di Roma, ecco la recensione in anteprima
La vita umana non appartiene all’individuo ma alla collettività. È in questo radicale scontro tra civiltà occidentali ed orientali che si posiziona The Farewell, film presentato in anteprima al Sundance e alla Festa del Cinema di Roma. Il secondo lungometraggio della regista nata a Pechino tratta dell’inevitabile scontro tra le due civiltà vissute tramite gli occhi di una giovane ragazza americana dalle radici cinesi.
The Farewell è la storia di Billi, trentenne newyorkese pienamente immersa nel mondo in cui vive. Nonostante abbia una numerosissima famiglia in Cina, intrattiene rapporti molto stretti con la nonna Nai Nai, donna anziana saggia, tradizionalista ed affettuosa. A Nai Nai viene diagnosticato un tumore in fase terminale e i medici le danno pochi mesi di vita.
La dura vita lontana da casa
Tuttavia, com’è usanza in Cina, la famiglia decide di nascondere alla diretta interessata le sue condizioni critiche e per regalarle l’ultimo addio (farewell, per l’appunto) viene organizzato il matrimonio di un suo giovane nipote, pretesto per far tornare tutti i membri della famiglia emigrati dalla Cina.
Billi, che alle spalle porta conflitti di appartenenza mai veramente risolti, parte per dare l’ultimo saluto alla nonna, ma inconsapevolmente è alla ricerca della serenità perduta a causa della sua vita di emigrante, di misfit.
The Farewell è incentrato in primis sull’affrontare una perdita (nonostante la persona sia ancora in vita), circostanza che accomuna l’umanità tutta. Sono però molti gli spunti di riflessione aperti: l’importanza della propria lingua madre, la nostalgia di casa, le conseguenze di una vita sbagliata.
Una sensibilità particolare permea la sceneggiatura
Grazie alla sensibilità della regista e della bravura degli ottimi attori, sfortunatamente sconosciuti al mercato occidentale, è possibile addentrarsi empaticamente nella mente di Billi, radicalmente convinta della bontà degli ideali occidentali, ma allo stesso tempo affascinata dalle sue origini.
Le sfumature di significato sono essenziali: in lingua inglese vengono pronunciate parole di vita quotidiana, preconcetti appresi negli Stati Uniti (è indicativo che la famiglia di Billi parli anche in intimità l’inglese), ma la passione, le emozioni, il dolore sono integralmente in cinese. L’assunto principale è che recuperare le proprie origini conduce inevitabilmente a conoscere la propria personalità e ad esprimerla al meglio: una condizione che spesso è negata a chi vive all’estero per paura di emarginazione e di razzismo.
The Farewell: Il tema della morte fra due culture
Il punto principale affrontato dal film è comunque la morte. Il dilemma sul comunicare o meno a Nai Nai le proprie condizioni di salute logora Billi, ma si tratta del pretesto per introdurre lo spettatore occidentale nel sistema di valori cinese.
Nel caso non fosse chiaro il sottotesto, la regista si preoccupa di rendere il tutto esplicito alla metà del film. La vita umana non appartiene all’individuo, la cultura orientale non accetta l’individualismo. I familiari negano al malato la consapevolezza della sua malattia per alleviare i suoi ultimi giorni. Il fardello della paura e dell’angoscia, che è fenomeno interessante la società e la famiglia, non viene scaricato su chi è più debole. Tutto sommato, un’esigenza del tutto comprensibile.
The Farewell vanta un’ottima regia
The Farewell, come si potrà immaginare, è un film nella tecnica e nella narrazione molto americano. È un’esperienza interessante quella di innestare temi cari alla cultura cinese in un film dal ritmo spedito (addirittura ridondante in certi passaggi, nonostante duri solo 98 minuti) e con dialoghi arguti e ben scritti. La sceneggiatura, comunque, è ben scritta: ogni sottotrama converge verso la fine e la verosimiglianza della storia mette a proprio agio lo spettatore. Sarebbe possibile anche classificare The Farewell nel genere commedia, visti i risvolti leggeri assunti di tanto in quanto.
Tecnicamente, invece, la regia non osa in particolar maniera nella prima parte, pur essendo indubbiamente sopra gli standard. Verso la fine alcuni primi piani molto interessanti e movimenti di camera abbastanza arguti portano il livello registico decisamente sopra le aspettative. Questa volta, quindi, il rapporto tra Cina e Stati Uniti si risolve in una piccola perla da recuperare, distribuzione italiana permettendo.