Attualità

Storie di Sangue, Amici e Fantasmi: Presentazione del Libro di Pietro Grasso

Ieri alla libreria Feltrinelli di Via Appia, poco distante dalla storica piazza di San Giovanni in Laterano, Pietro Grasso, presidente del Senato in carica e magistrato ha presentato il suo libro “Storie di sangue, amici e fantasmi. Ricordi di mafia”. L’evento, com’era normale che fosse, è diventato un piacevole dialogo con due personaggi non certo minori del panorama culturale italiano. Il presidente Grasso condivideva il palco con Roberto Saviano, scrittore e giornalista, e Lirio Abbate, anch’egli giornalista attualmente sotto scorta armata.

A 25 anni dalla morte dei giudici Falcone e Borsellino e a 31 anni dall’inizio del maxiprocesso la storia inizia a diventare concreta e narrabile; ciò che meno di una generazione fa era considerata cronaca, oggi diventa storia. Un libro di aneddoti, quindi, smette di essere un semplice racconto e diventa una testimonianza storica. Le riprese televisive di un processo così delicato trent’anni dopo sono diventate argomento di dibattito. Lo stesso Saviano ha ribadito che l’analisi delle reazioni esagerate ed incontrollate di boss della mafia e collaboratori di giustizia in quell’aula bunker ha contributo a capire come orientare al meglio le lotte dell’antimafia.

La discussione non poteva che proseguire sul concetto stesso di associazione mafiosa. All’epoca si è cercato di dimostrare che i crimini non erano compiuti dal singolo in quanto tale, ma da singoli in quanto parte di un meccanismo più grande, che comprende gerarchie, regole, ortodossia. In altre parole, bisognava dimostrare la validità del reato di associazione mafiosa. La parola è poi passata ai due giornalisti che hanno raccontato una storia molto più vicina alle nostre attuali esperienze, che va da Mafia Capitale alle paranze napoletane, ai narcos messicani.

Momenti di razionale analisi dei fatti sono stati seguiti da altri di grande emotività, come il racconto del breve dialogo privato tra il giudice Grasso ed il boss Provenzano, in gran parte condivisibili non solo dagli abitanti dei territori in questione. Oltre il racconto in sé gli interlocutori rappresentavano a pieno lo zeitgeist del tempo attuale. C’era il prototipo dell’istituzione che prova ad affrancarsi da sé stessa e prende le distanze da un mondo politico, di cui fa parte, sempre più alienato e distante. C’era il ruolo dello scrittore impegnato che sfora nel campo dell’opinionismo anche su fatti di attualità. C’era un raro esemplare di giornalista d’inchiesta, a cui è dovuto rischiare la vita tutti i giorni.
L’incontro è stato una commistione di diversi tipi di attivismo non concordanti tra di loro, che usavano parole d’ordine diverse, ma comunque accomunate per due ore da un territorio comune. La paura e la voglia di fare.

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Matteo Squillante

Napoletano di nascita, attualmente vivo a Roma. Giornalista pubblicista, mi definisco idealista e sognatore studente di Storia e Culture Globali presso l'Università di Roma Tor Vergata. Osservatore silenzioso e spesso pedante della società attuale. Scrivo di ciò che mi interessa: principalmente politica, cinema e temi sociali.
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