Sequestrata il primo giorno di lavoro a Livorno
“Il mio primo giorno di lavoro è stato un incubo. Mi hanno obbligata a salire in una macchina, ero con tre sconosciuti. Non sapevo dove mi avrebbero portata e cosa avrei fatto. Mi hanno trasportata per 50 chilometri e ho iniziato a chiedere di riportarmi indietro. Ma loro non si fermavano e mi hanno strappato il telefono dalle mani quando ho provato a chiamare mia figlia. Praticamente mi avevano sequestrata, non potevo scendere dalla macchina. Dovevo vendere contratti di luce, acqua e gas altrimenti non sarei tornata a casa prima di sera. A un semaforo, approfittando del fatto che l’auto si era fermata, sono scesa al volo in mezzo alla strada e da lì sono corsa verso la stazione dei carabinieri” – lo racconta così Giovanna, una mamma di 58 anni, il suo primo giorno di lavoro.
La vicenda
Giovanna risponde ad un annuncio di lavoro, pubblicato da un’azienda di Livorno, per un posto vacante come segretaria. Sembra il lavoro giusto per lei, che è disoccupata e in cerca di un impiego. Invece quel sogno diventa un incubo.
“Sono stata convocata in piazza XI maggio e, una volta entrata in ufficio, ho dovuto riempire un modulo, non mi è stato chiesto neppure il curriculum. All’interno c’era la musica a tutto volume, praticamente era impossibile parlare con le persone che erano in stanza con me” – racconta la donna.
Entra nella stanza del direttore, a sua detta capo area, e le conferma che la posizione ricercata è quella di segretaria, ma Giovanna sembra avere più di un dubbio. Il giorno seguente viene convocata per un giorno di prova.
“Mi dicono di salire in auto con tre persone, mai viste prima, perché per capire il tipo di lavoro dovevo andare in giro. Io non volevo andare ma per convincermi mi hanno detto che si saremmo spostati di un paio di chilometri, sempre su Livorno, per raggiungere un’altra sede” – racconta ancora Giovanna, che comunque accetta.
Dopo svariati chilometri capisce che sono fuori Livorno e che i tre ragazzi a bordo con lei sono dei venditori porta a porta, i quali cercano più volte di vendere contratti di luce e gas ad anziani ignari. Più volte la donna chiede di scendere, ma i tre la ignorano palesemente. Prova a contattare la figlia, ma le tolgono il telefono di mano. In questa situazione capisce di dover scendere da quell’auto.
Infine un semaforo, è l’occasione giusta per scendere, e Giovanna lo fa. Scappa da quell’auto e corre verso la stazione dei carabinieri più vicina. Da Livorno si ritrova a San Giminiano. In caserma i militari le chiedono se volesse i soldi del treno per tornare a casa, ma la donna preferisce attendere la figlia che è stata allertata poco prima.
La denuncia mancata
Oltre al danno arriva anche la beffa: Giovanna vuol fare denuncia per sequestro di persona, ma i militari le spiegano che, essendo maggiorenne, è salita sull’auto volontariamente. Dunque la denuncia non era possibile.
“Il problema è che questa società mette ancora annunci su internet. Utilizzando un nome diverso ma dando sempre appuntamenti in vari uffici della città” – conclude Giovanna che ha vissuto una giornata di paura e tensione, piuttosto che di lavoro.