Rula Jebreal e il monologo sulle donne che ha emozionato tutti [VIDEO]
Rula Jebreal, giornalista israeliana dalla lunga carriera nei maggiori mass media del mondo, è stata una delle due donne protagoniste della prima serata di Sanremo, con il suo monologo la standing ovation è stata più che naturale
Rula Jebreal, una vita affianco alle donne e alle loro battaglie
Nasce in Israele da famiglia palestinese. A cinque anni viene scossa dal suicidio della mamma che decide di farla finita perché non sopporta più il peso gli abusi subiti in gioventù e la vergogna del non poterli denunciare. Cresce per quindici anni in un collegio, o meglio chiamarlo orfanotrofio, con ragazzine che hanno subito più o meno lo stesso triste destino. Arriva a vent’anni in Italia per fare la fisioterapista, senza parlare una parola di italiano. Quattro anni dopo scrive già per tre testate nazionali come Resto del Carlino, la Nazione e il Giorno.
A ventinove anni il primo intervento in tv, a Trentadue il primo programma a La7. Nel mezzo un programma tv in Egitto, due libri editi per Rizzoli e, da uno di questi, viene tratto un film di cui poi è sceneggiatrice. Vola così a New York a svolgere una serie di iniziative con l’Onu per fermare la pena di morte e per fare l’opinionista sul Medio Oriente in una delle tv nazionali come la CNN.
A quarant’anni torna in Italia per un programma in prima serata su Rai 1. A quarantacinque anni diventa una delle consigliere del presidente francese Macron. A quarantasette anni si presenta a Sanremo come co-conduttrice per una serata, annunciando che metà del compenso lo destinerai a Nadia Murad, stuprata dall’Isis.
Rula Jebral, volontà di ferro, un’intelligenza brillante e, a quasi cinquant’anni, una bellezza sconvolgente, senza fare del sessismo, perché la bellezza se c’è è un valore aggiunto, non una colpa da espiare.
Il monologo sul palco di Sanremo ha lasciato tutti senza fiato
Sul palco lei e due leggii, uno con un libro bianco contenente “le parole utopiche che le donne vorrebbero sentirsi ripetere da un uomo” e un libro nero con “le parole che realisticamente una donna si sente dire da un uomo”.
Le prime parole, quelle bianche, sono estratte da “La Cura” di Battiato, “La Donna Cannone” di De Gregori e “Sally” di Vasco Rossi, scelte perché scritte da uomini; le seconde, le parole nere sono quelle tratte da storie di vita vera, amara e vissuta, come quella della Jebreal.
“Mia madre Nadia ha perso il suo ultimo treno quando avevo cinque anni, si è suicidata – dice con coraggio -. Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, perché fu stuprata due volte: a 13 anni da un uomo e poi da un sistema che l’ha obbligata al silenzio. L’uomo che l’ha violentata aveva le chiavi di casa. Sono cresciuta in un orfanotrofio, noi bambine raccontavamo le nostre storie, favole tristi, di figlie sfortunate. Ci raccontavamo delle nostre madri, spesso stuprate, torturate e uccise”.
“Negli ultimi tre anni sono 3.150.000 donne che hanno subito violenza sul luogo di lavoro, negli ultimi due anni 1 donna ogni 15 minuti ha subito violenze, sei donne solo nell’ultima settimana. Spesso l’uomo non deve neanche bussare perché ha le chiavi di casa”.
Un monologo dedicato a sua madre Nadia, alla figlia Miral che – nascosta tra il pubblico piange di un’emozione pura, come quella di chi questa storia la conosce ma non per questo smette di soffrirne – e a tutte le donne vittime di violenze, soprusi e abusi.
Dobbiamo lottare, per le nostre figlie, per le nostre amiche, per le nostre colleghe, per gli uomini perbene.
Grazie Rula, grazie di essere stata immensa ❤️
#RulaJebreal pic.twitter.com/RCKxG6XuOW— MissNiky (@niky40786498) February 5, 2020