Perché è finita tra Lucio Battisti e Mogol? Ecco la verità
Mogol ha voluto spiegare dopo tanti anni il motivo della rottura del sodalizio artistico con Battisti
Il sodalizio artistico tra Lucio Battisti e Giulio Rapetti, in arte Mogol, è una pietra miliare nella storia della musica italiana. Un duo formidabile capace di amalgamare alla perfezione musica e parole e di suscitare dagli anni Settanta ai giorni nostri emozioni indimenticabili. Ma si sa, anche i matrimoni più solidi sono destinati alla fine, proprio com’è accaduto tra il compositore e il paroliere negli anni Ottanta; una rottura imprevista quanto inaspettata consumatasi silenziosamente e nel pieno rispetto tra i due in seguito alle hit Una giornata uggiosa e Con il nastro rosa.
In tanti si sono chiesti quali siano i motivi di quello strappo che tuttora continua a far rumore nonostante siano passati anni. A questi interrogativi ha voluto rispondere proprio Mogol nel suo libro uscito nel 2016 per Rizzoli e intitolato “Mogol. Il mio mestiere è vivere la vita“, una raccolta di successi, tranches di vita e di ricordi indelebili.
La confessione di Mogol
La frattura fu dovuta principalmente alla divergenza artistica tra i due, tra un Mogol legato a un universo poetico dai ben saldi punti fermi e un Battisti perennemente impegnato a innovare, a sperimentare e a superare se stesso in un crescendo di novità, manifestatesi poi nella collaborazione con Pasquale Panella.
Il 18 maggio del 1979 Lucio Battisti commentava così la separazione da Mogol:
Il nostro rapporto è il rapporto di due persone di questo tempo che dopo tanti anni di lavoro assieme […] improvvisamente, per divergenze di interessi, si sono messi ognuno su una sua rotaia, su una sua strada, per cui adesso da quattro o cinque anni a questa parte ci vediamo al massimo un mese all’anno. […] È l’esperienza di due persone che stanno diventando completamente diverse”.
Anni dopo è stato lo stesso Giulio Rapetti a svelare altri retroscena: infatti alla base della rottura ci sarebbe la ridefinizione di accordi contrattuali sulle percentuali dei diritti d’autore da spartirsi. Quindi divergenze economiche. All’epoca, spiega Mogol nel suo libro, esisteva “questa formula per cui il musicista prendeva l’8% e il paroliere il 4%, la Siae voleva così. Battisti quando ha iniziato era un dilettante, eppure io non ho mai voluto fargli firmare nessun documento sotterraneo. Sempre il 4% a me l’8% a lui. Quando abbiamo venduto i diritti dei brani alla Numero Uno ho detto che avrei scritto alla pari: 6% a lui e 6% a me, altrimenti non avrei più scritto. Da allora Lucio ha cominciato lavorare con altri”.
Il paroliere scava in profondità: “Non sono attaccato al denaro, neanche so quanto ho in banca, devo sempre chiedere a mia moglie, è una questione di principio. Ai principi sono attaccato fino alla morte”. Dissidi e rotture a parte, Mogol conserva ricordi importanti di Lucio: “Grandissimo musicista, compositore e interprete. Il produttore dei Beatles gli offrì un contratto mondiale che lui non volle firmare”.