Retorica del Bene e del Male: Donald Trump e il Precedente Storico
Ieri Donald Trump, 45° presidente degli Stati Uniti, ha ribadito e specificato che tutto ciò che è stato detto in campagna elettorale sui musulmani è falso, o perlomeno non è ora rilevante. Davanti ai leader del Consiglio di cooperazione del golfo (una specie di Unione Europea per gli stati del Golfo Persico, Iran esclusa) e all’opinione pubblica il presidente americano doveva rendere conto del suo cavallo di battaglia “musulmano = terrorista” e naturalmente del Muslim ban.
Pur essendo nell’epoca della cosidetta “post-truth politics”, in cui viene a cadere ogni interesse per la verità, rimane lo stesso inconcepibile attaccare una popolazione in maniera faziosa e poi stringere accordi per 110 miliardi di dollari in armamenti. Per uscire dal pantano da lui creato, Trump ha rispolverato la retorica del bene e del male: esistono i terroristi che non fanno affari con gli Stati Uniti (che sono il male) ed esistono i governi che comprano le armi dagli Stati Uniti (che sono i buoni). Non importa che uso verrà fatto di quelle armi, come ad esempio il massacro di civili in Yemen, ma basta fare affari con gli Stati Uniti per essere inseriti nella lista dei buoni.
Il miliardario si spinge oltre e dichiara: “Non sono venuto qui a darvi lezioni, non sono io a dirvi come dovete vivere. Ma occorre una coalizione internazionale contro il terrorismo. Le nazioni del Medio Oriente non possono aspettare che sia l’America a sconfiggerlo. Dovete battere voi questo nemico che uccide in nome della fede”. Ecco il secondo riferimento a quel tipo di retorica menzionata prima, “coalizione internazionale contro il terrorismo”.
La Coalizone dei Volenterosi di George W. Bush
L’ultima volta che questi due concetti furono solennemente declamati da un Presidente degli Stati Uniti capitò nel 2002. Alla Casa Bianca sedeva un altro repubblicano, George W. Bush, o Bush figlio, e pochi mesi dopo, il 20 marzo 2003, una coalizione internazionale avrebbe invaso l’Iraq, iniziando una guerra durata 9 anni, che portò più di un milione e mezzo di morti. Le parole esatte che usò l’allora presidente furono “coalizione dei volenterosi” e la lotta “tra le forze del bene e le forze del male”.
“Coalizione dei volenterosi” era una formula molto studiata, non ricade nel campo semantico militare e non implica un intervento armato diretto, ma implica un coinvolgimento morale fortissimo. La formula in questione fu poi amplificata dalla giustificazione che la guerra sarebbe stata fatta in buona fede; nel mondo di valori condivisi, il bene può avere precedenza sulla legge. Quindi non c’è da sorprendersi se, a distanza di 15 anni, viene dissotterrato il mito della guerra eroica contro il terrorismo e contro i dittatori in possesso di armi chimiche.
Fu proprio questo manicheismo che fece affondare la pace tra Israele e Palestina, fece uccidere Gheddafi dando via ad una guerra civile e, in ultimo, causò il vuoto di potere in Medio Oriente nel quale si infilò lo Stato Islamico. Non sempre, quindi, dividere sterilmente il mondo tra alleati fidati e nemici storici porta al conseguimento dei propri interessi. Difatti gli Stati Uniti sono stati per primi danneggiati da 20 anni di politica estera aggressiva.
Attualmente la Russia ha più potere contrattuale in Oriente e in Nord Africa degli Stati Uniti, l’Europa è invasa da gas russo e in futuro azero, senza parlare degli ingenti appoggi al regime di Assad. Il Presidente Trump, quindi, è il frutto della volontà condivisa di ristabilire il ruolo della potenza a stelle e strisce a livello mondiale, e di conseguenza, ogni occasione è buona per ripudiare i ragionamenti del suo predecessore Obama.
Ma che succede se vengono ripresi gli argomenti di chi ha dato inizio a questo nefasto domino internazionale? Certamente questo andazzo non causerà un’altra guerra decennale né sarà il via libera per una guerra finanziata e combattuta al 90% dagli Stati Uniti. La società è cambiata, la rivoluzione digitale ha reso quasi impossibile tener segrete le informazioni, ma soprattutto oggi gli Stati Uniti sono divisi nell’accordare consenso all’attuale amministrazione e una guerra ne decreterebbe la fine. Lo scenario è ancora incerto e molti analisti brancolano ancora nel buio. Le parole, però, contano quanto il precedente storico. Quando il mondo è stato diviso in due, le pecore sono diventate leoni e i leoni sono morti di solitudine.
“La definizione di bene e male viene di solito considerata come un problema morale (…) Nelle società più complesse – riporta Treccani.it – il compito di stabilire ciò che è permesso e ciò che è proibito è assegnato alla giurisprudenza, cioè alle leggi dello Stato. Queste indicano in che modo ciascuno potrà cercare individualmente di realizzare la propria felicità o il proprio bene senza ostacolare l’uguale ricerca altrui, e quindi rispettando gli altri”.