Politica

Referendum Lombardia e Veneto Maroni frena Zaia

Si tirano le somme il giorno dopo il festeggiamento. E iniziano ad arrivare le prime reazioni. L’unico effetto a brevissimo termine che il referendum prevede è l’autorizzazione a trattare con il Governo. Cosa che può iniziare solo a partire dalla presentazione di una legge regionale da discutere con l’esecutivo guidato da Gentiloni.

Molta confusione, però, aleggia sulle vere intenzioni dei governatori di Lombardia e Veneto sul post-voto. Zaia avrebbe intenzione di richiedere una vera e propria modifica costituzionale all’articolo 116, includendo il Veneto tra il nutrito gruppetto delle regioni a statuto speciale.

Referendum 4 dicembre Lombardia: Percentuale votanti aggiornata in tempo reale

Strada tutta in salita dato il lungo iter dovuto per le modifiche costituzionali nonostante il risultato elettorale parli chiaro: la maggioranza assoluta dei veneti sarebbe d’accordo.

Situazione opposta per il collega di partito Maroni, il quale non ha avuto dalle urne la spinta necessaria a fare la voce grossa a Roma. In attesa della presentazione del progetto di autonomia, è probabile che l’ex ministro dell’interno punti a non modificare la Costituzione e muoversi nel quadro già stabilito.

La carta fondamentale, infatti, prevede che alcune competenze statali possano essere trasferite al consiglio regionale. Ventitré ambiti di operazione che Milano vorrebbe tutti per sé. Dalla gestione dei beni culturali, alla corsia preferenziale con l’UE; dalle grandi infrastrutture al tema caldo delle imposte.

Referendum per l’autonomia, dissidi tra compagni di partito

La strada percorsa dall’amministrazione veneta non convince neanche Milano, la quale si è battuta per votare in contemporanea. Le perplessità nelle parole del governatore lombardo: “Mi ha un po’ spiazzato, non era concordata questa mossa, l’ho appresa stamattina”. E ancora: “Io speravo di fare una battaglia comune, e invece a questo punto non ci faranno sedere allo stesso tavolo – questa la maggior perplessità del governatore – Un conto è andare a trattare in due, un altro andarci da soli”.

Non sono mancati dissidi anche con il segretario di partito: è stato chiaro da subito che la scelta veneta avrà ricadute negative sulla Lega. Rientrare nel gruppo delle regioni a statuto speciale va contro il progetto nazionale leghista. Il tutto non può che spiazzare Matteo Salvini, che non si è ancora espresso in merito.

Per stessa ammissione di Maroni “significa chiudersi a tutte le altre regioni perché, così facendo, si tengono per sé tutti i soldi”. D’altronde il quesito referendario era molto vago, e i cittadini risultano ancora una volta esclusi dal fraseggio politico.

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Matteo Squillante

Napoletano di nascita, attualmente vivo a Roma. Giornalista pubblicista, mi definisco idealista e sognatore studente di Storia e Culture Globali presso l'Università di Roma Tor Vergata. Osservatore silenzioso e spesso pedante della società attuale. Scrivo di ciò che mi interessa: principalmente politica, cinema e temi sociali.
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