Recensione Piuma, il film di Roan Johnson: opinioni e punti di forza
Piuma è il terzo lungometraggio dell’anglo-italiano Roan Johnson (I primi della lista e Fino a qui tutto bene). Ancora una volta il regista torna a raccontare l’Italia dei giovani. E ancora una volta sceglie la commedia.
Ferro (Luigi Fedele) e Cate (Blu Yoshimi) sono due ragazzi iscritti all’ultimo anno di liceo, molto legati, seppur molto diversi tra loro, a cominciare dall’estrazione sociale differente: lui piccolo-borghese, lei proletaria. Sono in procinto di dare gli esami di maturità e di…diventare genitori. Verrebbe da dire che tutto cambia da quel giorno, ma non per loro. Loro alla bambina in arrivo, che Ferro vorrebbe chiamare Piuma, ci penseranno più in là. I rispettivi genitori, in particolare quelli di lui, non sono della stessa opinione: per loro è chiaro che i ragazzi si stanno imbarcando in una tempesta troppo potente e si tengono pronti ad aiutarli nel momento di bisogno. Ma i mesi passano, il pancione lievita e Ferro e Cate sembrano affrontare l’attesa con l’ingenuità e la spensieratezza tipica della loro età.
Scandito temporalmente in nove mesi, Piuma può ricordare, per il tema trattato, un po’ Keeper, film del belga Guillaume Senez che l’anno scorso trionfava al Torino Film Festival, un po’ Tutti i santi i giorni di Paolo Virzì per i personaggi. In realtà, il regista si rifà apertamente a sé stesso, a quanto già fatto in precedenza, a partire dalla scrittura semplice.
Uno dei punti di forza di Piuma è proprio la genuinità con cui affronta il tema, così come i suoi personaggi, che non appaiono mai del tutto stereotipati. E penso soprattutto a Ferro, che ha un che di eroico. L’unico difetto che ha questo film è che forse non c’è molto contrasto interno. Pur semplice nello stile, non si può dire che non sia un film ambizioso: talvolta il regista tradisce qualche voglia di sperimentare e nel finale sfiora un po’ lo stile della commedia americana alla Little Miss Sunshine.
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