Recensione Film Joker: tanto intrattenimento e poca sostanza
È appena uscito Joker nelle sale italiane: nonostante si tratti di un film molto colto e ricco di riferimenti, è ancora il mercato a dettare legge nel mondo dei cinecomics.
È arrivato il momento di Joker, un’altra volta. Il personaggio reso strutturato, indipendente e fascinoso da Heath Ledger ha un seguito nel film di Todd Philips, uscito da qualche giorno in sala. Joker, com’era prevedibile, è il film più chiaccherato del mese per diverse ragioni.
In primis la giusta fama di Joaquin Phoenix adattato ad un ruolo ritenuto da anni intoccabile, vista la performance di Ledger. In secundis un’attività promozionale che ha aumentato l’hype del pubblico in maniera impeccabile. In tertiis l’inaspettato Leone d’Oro a Venezia: Joker è stato il primo cinecomic premiato al Lido, aprendo nei fatti una nuova era in uno dei festival cinematografici più antichi al mondo.
Perchè realizzare un nuovo Joker?
L’obiettivo non dichiarato, ma palese, del film è quello di emancipare la figura di Joker da quella di Batman e soprattutto offrire una performance alternativa che potesse esulare dal DCEU e da quel Suicide Squad che non ha reso onore al villain per eccellenza di Batman.
La storia inedita di Arthur Fleck
Questo Joker è in prima istanza Arthur Fleck, un individuo alienato in un perenne stato di depressione e nervosismo. Arthur vive con la madre ormai anziana ed invalida, essendo il padre del piccolo apparentemente ignoto. Affetto da certificati disturbi mentali, fonte della sua grottesca risata isterica anche in momenti drammatici, è in cura da una vita con psicofarmaci e con sedute presso i servizi sociali di Gotham.
Per arrotondare lavora come clown e intrattenitore presso una squallida agenzia che fornisce pagliacci per feste ed eventi. La vita di Arthur a Gotham non è facile: bullismo, violenza, criminalità, rivolta, la città attraversa uno dei suoi momenti più bui. Gotham, in onore alla tradizione dark di Batman, è una città sovraffollata, sporca e criminosa ripresa in un’eterna coltre notturna.
Diverse circostanze, tra cui l’incontro-scontro con Thomas Wayne, padre di un certo Bruce, portano Arthur a trasformarsi lentamente in Joker, assassino forgiato dal contesto sociale marcio ed alienato. La follia è sua cifra distintiva, nonostante questa risulti molto meno lucida di quella del personaggio dei fumetti.
Joker: l’inedito elemento populista
Todd Philips, già ottimo scrittore per il cinema e regista dei tre “Una Notte da Leoni”, riesce a realizzare un Joker totalmente introspettivo con pigli di cinema d’autore. È quest’elemento, certamente innovativo nei cinecomics (ma non nella saga di alcuni prodotti DC come Batman o Superman) che probabilmente ha spinto Joker verso le stelle ancora prima della sua distribuzione.
Il Joker di Philips, però, pur essendo molto colto (e dopo torneremo sui riferimenti) è pur sempre un film di intrattenimento ad alto budget e, in quanto tale, capace di capitalizzare al meglio tutte le risorse destinategli. La principale novità introdotta da l Joker di Phoenix è essenzialmente una:
L’inserimento di una forte connotazione politica e sociale al ruolo rivestito dai vari Batman e Joker. La genesi dei due personaggi nasce dal sangue e dalle ineguaglianze: Joker è assunto a simbolo di un movimento populista-anarchico contro l’arroganza e lo strapotere dei ricchi. Wayne padre è presentato in maniera sostanzialmente odiosa da Philips e allo stesso tempo il Joker-proletario è sottesamente legittimato a sfogare la propria follia mentale.
L’elemento, o meglio, la sottotrama, è abbastanza inconcludente: c’è molta confusione tra gli effetti del conflitto sociale e quelli dell’alienazione (e quindi follia) individuale. In altre parole il taglio dei servizi sociali, le violenze del “movimento dei clown” contro il potere costituito risulta un semplice orpello ad una storia di disagio individuale. Non viene quindi compiuto quell’incontro che avrebbe veramente giustificato la genesi di un Joker diverso da quelli visti fin ora.
Un film bipartito
Il Joker meglio conosciuto appare solo nella seconda metà del film, come meta finale di la trasformazione di Arthur Fleck durata decenni. L’inevitabile difetto è la esatta bipartizione del film: la cui parte (la nascita della follia) ricalca stereotipi già visti e già sentiti, la seconda parte tocca a fondo la natura omicida del neonato Joker, più folle e meno calcolatore dei suoi predecessori.
Intrattenimento commerciale o cinema d’autore?
Questa la domanda che nei fatti divide i critici: Joker è sicuramente – come si diceva – un film colto che strizza l’occhio ad una vasta tradizione cinematografica. È innegabile che Philips per costruire alcune delle sue scene abbia tenuto presente la New York di Scorsese (Mean Streets, Taxi Driver) ed è anche innegabile che non manchino riferimenti a Network di Sidney Lumet per la costruzione della sequenza dello show televisivo oppure (com’era scontato) a Il Cavaliere Oscuro di Nolan.
Tuttavia le velleità del regista colto non possono far assumere Joker al rango di “cinecomics d’autore”. Il film è assolutamente un prodotto commerciale che riesce a sfruttare bene il proprio budget. Quindi le alte aspettative che il Leone d’Oro ha riversato su Joker sono in larga parte disattese.
Joker è un film che – sia sul livello narrativo che sul livello filmico – non riesce mai a distinguersi da prodotti simili, dando la perenne impressione del “già visto” e del “già detto”. Sul livello tecnico la fotografia (determinante per questo tipo di film) non si distingue per particolari meriti e, eccettuato qualche piccolo colpo di genio come la sequenza in metropolitana, la regia è abbastanza standard e nella media.
Il film di Philips è assolutamente pop nella scelta della colonna sonora (White Room farà storia), nella composizione di dialoghi e caratterizzazioni di personaggi. In altre parole è un film fatto per piacere al grande pubblico e riempire le sale. L’attesissimo salto di qualità dei cinecomics tarda ancora a vedersi, ed è un peccato: Joker è veramente un’occasione mancata.