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Quasi per caso una donna – Caterina di Svezia: Trama e Recensione

Come spesso accade durante un interminabile viaggio capita d’avere con sé un libro da leggere. Ma quando si parla dello stimato Dario Fo e le sue biografie la sensazione è davvero quella d’avere qualcuno, con sé. L’opera presa in esame, di cui riportiamo la trama arricchita dalla nostra recensione, è “Quasi per caso una donna: Caterina di Svezia”, edita postuma.

 La recensione di Quasi per caso una donna: Caterina di Svezia

In questo caso il Premio Nobel, nonché drammaturgo, attore, regista e altre mille sfaccettature di una carriera univoca che amava infinitamente – quella dell’Arte in ogni forma – per questo romanzo torna a scavare a fondo, come già fatto per “La figlia del papa” , che racconta di Lucrezia Borgia nei documenti e nella vita di un’altra donna davvero singolare, la Regina Cristina di Svezia facendosi strada invero fra mistificazioni, storture e spesso illazioni che nel corso dei secoli, cumulandosi hanno dato nuovi connotati alla verità. E lo fa affidandosi anche ai quadri che la ritraggono, cercando di coglierne forse l’essenza più realistica.

D’altra parte non poteva esser altrimenti, tenuto conto dell’evidenza dei fatti: prima fra tutte quella d’amare le donne e per di più con la stessa libertà degli uomini e che, pur di non esser privata della propria libertà, alla prospettiva e alle pressioni della corte affinché si sposasse preferisce piuttosto abiurare la religione luterana, abdicare in favore del cugino Carlo Gustavo e divenire cattolica. Ma, prima dell’abdicazione nel 1654 e a cosa questo condusse, torniamo un attimo indietro: Regina a sei anni, nata nel 1629 in Svezia, orfana dell’eroe Gustavo Adolfo, il Grande, viene educata come un uomo allo scopo di divenire degna erede di suo padre; quando al compimento del diciottesimo anno di vita assume personalmente il potere nel 1644 si dimostra un vero e proprio prodigio di cultura e di acume politico che rinnegherà spesso, durante la sua vita la propria femminilità.

La vita di Caterina di Svezia raccontata da Dario Fo

Curioso è il caso proprio della sua nascita, quando per errore viene confusa per essere il prossimo erede maschio al trono a seguito di una ipertrofia clitoridea congenita. Scrisse in merito Dario Fo: “Alla sua nascita, le dame di corte che presenziarono al parto esplosero in un tripudio. ‘È maschio!’, gridò qualcuna di loro. ‘Evviva il re!’ risposero le altre nobili dame. Ma era una notizia falsa. Di lì a poco apparve evidente che il neonato, nonostante la corporatura robusta e qualche tratto che poteva indurre in inganno, era una femmina, con una capigliatura subito folta, un viso dalla carnagione un po’ scura, sana e vivace”. Con questo ritratto della Regina è facile comprendere quale energica e vulcanica esistenza abbia condotto, forse uno dei motivi che l’hanno fatta apprezzare così tanto a Dario Fo.

Fonti storiche raccontano di una giovane donna desiderosa d’apprendere sempre più, che parlava fluentemente il latino e sette lingue, oltre ad intrattenere una fitta corrispondenza epistolare con studiosi di tutta Europa. Partecipava attivamente anche ai dibattiti filosofici che si tenevano a corte e collezionava con passione manoscritti matematici e scientifici, tentando sempre di invitarli a palazzo con successo. Affrontò con dedizione dieci anni di affari di stato portando lustro ancor maggiore alla Svezia e solo quando abdicò in favore del cugino e da nota convertita ricevette un posto di prestigio nella Roma baroccheggiante, dove si stabilì dal dicembre 1655 – accolta con benevolenza da papa Alessandro VII – trovò davvero lo spazio in cui coesistere.

Caso eccezionale per la sua rarità, ovvero quello di un Regnante privo di Stato, viaggiò per l’Europa con la sua corte mista in cerca di potere e solidità economica, sempre pronta ad abbracciare nuove grandi cause del suo secolo: dalla tolleranza religiosa alla resistenza contro l’avanzata islamica, arrivando persino a porsi in attrito e contrasto col più assoluto dei sovrani, Luigi XIV re di Francia. Dario Fo non manca di raccontare dell’amore per il teatro che Cristina di Svezia nutriva (amore che forse li ha idealmente avvicinati, portandolo forse a scriver proprio di lei), nonché per quei “commedianti che recitavano a soggetto e riuscivano a farsi intendere fingendo di parlare tutte le lingue del creato, comprese quelle che, in verità, non esistevano”. D’altronde “il gusto per la commedia, affinato dagli studi e dalle buone letture, fu una costante nella vita di Cristina, mescolato alle tragedie che di certo non mancarono”.

Si conferma così l’idea dello scrittore di consegnare la figura di Cristina ai posteri come di una donna poliedrica e degna indubbiamente dell’apprezzamento dei suoi contemporanei, tant’è che diverrà una delle tre sole donne nella storia mondiale a ricevere l’onoreficenza d’esser sepolta nelle Grotte Vaticane alla sua morte, nel 1689. Le altre due figure sopracitate e antecedenti furono infatti Matilde di Canossa (1046-1115) e Carlotta di Cipro (1444-1487).

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