Politica e Twitter, il rapporto di Donald Trump con i Social
Nel 2008, quando in Italia ancora non erano diffusi i social networks, negli USA si saldava il binomio politica-social. Barack Obama intuì il potenziale comunicativo e la crescente espansione mondiale delle piattaforme online, investendoci denaro, risorse e credibilità personale. Quando partì la “tournée” mondiale dell’ex presidente, sotto lo slogan Yes We Can, anche la politica europea iniziò ad americanizzarsi e a tecnologizzarsi.
Oggi è consuetudine per un esponente della politica essere iscritto a un social, particolarmente Twitter, e comunicare con gli utenti-elettori. Eppure una nuova rivoluzione “twitteraria” comunicativa, se positiva o negativa sarà deciso dalla storia, è alle porte. Donald Trump, successore di Obama, conformemente al suo modo di fare, ha vinto le presidenziali grazie anche a Twitter, tramite una strategia totalmente diversa rispetto al suo predecessore.
Se Obama, è bene ricordarlo, da ex senatore adoperava un linguaggio e una dialettica a metà strada tra l’informale e l’istituzionale, “The Donald”, anche per la sua campagna ideologica contro il “politically correct”, ha dato voce alla rabbia dei suoi potenziali elettori, la sedotta e abbandonata Middle Class. Il suo stile è stato poi imitato da personaggi politici in tutto il mondo, il linguaggio “Trumpiano” è diventato sinonimo di protesta. Contro tutto e contro tutti.
Nel passaggio da presidente eletto e presidente in carica molti credevano che il linguaggio della rabbia e della contestazione avrebbe lasciato spazio a quello del dialogo e dell’etichetta istituzionale. Anche la creazione, come di rito, di un nuovo account presidenziale faceva ben sperare. Per la sorpresa di molti, però, non è stato così.
“Modern day presidential”
Dopo molte critiche per i contenuti pubblicati contro avversari politici e giornali ritenuti dell’opposizione, Trump ha messo in chiaro, con una definizione pronta a passare nei manuali di comunicazione, che l’uso che fa di Twitter non è “presidenziale” ma “presidenziale dei giorni odierni” (modern day presidential). Un tweet destinato a diventare uno slogan, dato il limite di 140 caratteri per messaggio, dato che questo “manifesto ideologico” non è corredato da chiarimenti o spiegazioni. “Moderno” è destinato a diventare sinonimo di aggressivo? Questo tipo di messaggi può essere un precedente da seguire per politici che fanno propaganda sul dissenso?
My use of social media is not Presidential – it’s MODERN DAY PRESIDENTIAL. Make America Great Again!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 1 luglio 2017
L’attacco alla CNN
Che molte testate statunitensi siano contro le scelte del Presidente è cosa nota, come le stesse vengono trattate da Trump non lo è. È prassi ormai consolidata per lo staff della Casa Bianca escludere testate ed emittenti come Washington Post e CNN da conferenze stampa e interviste. È prassi anche per i giornalisti ricevere minacce dallo stesso staff che li estromette dal comunicare la Casa Bianca.
Pochi giorni fa, il portavoce del presidente Trump ha ammonito la CNN che “giocava con il fuoco a parlar male del presidente”. Nulla in confronto al tweet pubblicato dal presidente in persona, che usando un video di repertorio in cui combatte in un’arena di wrestling, sostituisce il volto dello sfidante con il logo dell’emittente presa di mira.
#FraudNewsCNN #FNN pic.twitter.com/WYUnHjjUjg
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 2 luglio 2017
Ne risulta un video violento e sgradevole in cui, letteralmente, un presidente fa a pugni con un’emittente televisiva (tra l’altro rinominata da lui stesso FNN, Fraud News CNN). Il breve video, pubblicato subito dopo il messaggio sull’uso di Twitter in maniera “moderna”, potrebbe diventare a breve una consuetudine. Il capo di una delle maggiori nazioni della Terra ci insegna che contro gli oppositori l’istigazione alla violenza è lecita.