Pandemic Bond e Coronavirus: cosa sono e come funzionano
I "pandemic bond" sono obbligazioni stipulate nel 2017 tra la Banca Mondiale e gli investitori
Lo stato di pandemia da coronavirus dichiarata ufficialmente dall‘Organizzazione Mondiale della Sanità ha avuto effetti pesanti dal punto di vista politico, sociale ed economico. Politico in quanto i governi dei Paesi colpiti dal virus stanno adottando provvedimenti importanti, com’è successo in Italia dove il premier Conte ha di fatto firmato il DPCM 11 marzo sancendo in tal modo ulteriori limiti e restrizioni. Sul piano sociale, invece, le persone che stanno affrontando questa emergenza sono chiamate a cambiare le proprie abitudini e ad adeguarsi alle nuove misure governative. Quanto all’economia, sono tornati in auge i cosiddetti “pandemic bond“.
Cosa sono i “pandemic bond”
I pandemic bond sono obbligazioni che la Banca Mondiale ha stipulato nel 2017 (anno di emissione) con gli investitori, quali banche e gestori di patrimoni. Nello specifico si tratta di bond per 320 milioni di dollari divisi in due tranches con un termine di scadenza fissato per il 15 luglio 2020.
Come funzionano
Il primo bond si aggira intorno ai 225 milioni di dollari ed è legato alle pandemie di influenza o coronavirus: il taglio al rimborso scatta quando il numero di decessi raggiuge il numero di almeno 2.500 vittime in uno Stato.
Il secondo bond, invece, per 95 milioni di euro, è correlato a un’ampia serie di eventi (quali ad esempio l’ebola) e il taglio ai rimborsi scatta quando le vittime sono 250. Il taglio dei rimborsi avviene in parte, in questo caso.
Dunque il primo bond è meno rischioso per l’investitore chiamato a pagare un tasso pari all’US Libor + 6,5%. Il secondo, invece, paga interessi pari all’US Libor + 11,1%. Ai tassi attuali del Libor, significa rispettivamente il 7,5% e il 12,1%.
Cosa fa la World Bank? Ebbene, la Banca Mondiale destina i soldi avuti in prestito dagli investitori, conosciuti anche come ‘bondisti’, nel fondo volto a finanziare la lotta alle pandemie (PEF), evitando in tal modo di intavolare negoziati complessi coi Paesi più “ricchi”. Ciò vuol dire che annualmente la Banca Mondiale paga gli interessi sui bond (costo della polizza); in caso di emergenza, piuttosto, sarà il settore finanziario che possiede i titoli a dover pagare.
Cosa sono i PEF? I PEF, acronimo di Pandemic Emergency Financing Facility, costituiscono il fondo della World Bank che aiuta gli Stati colpiti da pandemie. Il fondo ha a sua volta due modalità di raccolta dei soldi: il primo è assicurativo ed è legato ai bond; il secondo è per cassa, sostenuto dai contributi di Paesi ricchi o di organismi come l’Oms.
Di conseguenza, sono diversi i fattori che fanno scattare il diritto della Banca Mondiale a non restituire il capitale ai possessori delle obbligazioni. In primis occorre attestare l’effettivo stato di pandemia. Secondo poi, si devono vagliare diverse condizioni quali: tipo di virus (per il coronavirus esistono percentuali di rimborso diverse rispetto ai casi di filovirus come l’Ebola, o dai casi di febbre di Lassa, ecc.), tasso di crescita dei contagi, il numero di Paesi coinvolti, la distribuzione delle vittime nei diversi Paesi. Dunque tutte clausole che devono essere certificate dall’ente predisposto, l’Air Worldwide Corporation. L’Air Worldwide Corporation è una società privata con sede a Boston specializzata in modelli quantitativi ed econometrici.