Omicidio Marco Vannini, pene ridotte in appello
Proteste e grida in aula dopo la lettura della sentenza di secondo grado per l’omicidio di Marco Vannini, il motivo delle proteste è la riduzione della pena da 14 a 5 anni per Antonio Ciontoli, principale accusato dell’omicidio, perché secondo i giudici non si è trattato di omicidio preterintenzionale, come stabilito nella prima sentenza, ma di omicidio colposo, restano invece confermate le pene di tre anni per i rimanenti membri della famiglia Ciontoli, la moglie Maria Pezzillo ed i due figli Federico e Martina. L’omicidio di Marco Vannini risale al 18 maggio del 2015, quando a Ladispoli (RM), ospite della famiglia Ciontoli, poiché all’epoca dei fatti legato sentimentalmente con Martina, viene raggiunto da un colpo di pistola esploso in circostanze oscure e mai chiarite. Durante la notte, un’ora dopo lo sparo, viene condotto in ambulanza presso un centro di primo soccorso di Ladispoli (RM) dove Antonio Ciontoli racconta ai soccorritori che Marco Vannini si è infortunato da solo e a seguito di uno scherzo. Evidenti bugie che cadono dinanzi al medico di turno a cui finalmente racconta che la vittima era stata raggiunta per errore da un proiettile più o meno sotto l’ascella destra. Purtroppo in tutto questo frangente temporale la vittima che lamentava ferite gravi ai polmoni e al cuore, oltre una cospicua perdita di sangue, muore rendendo vani i soccorsi. Una dinamica controversa, ma secondo i giudici della corte d’appello Antonio Ciontoli, sottoufficiale della Marina Militare, non ha agito in maniera volontaria e per questo si tratterebbe di omicidio colposo con relativa diminuzione della pena. Una lettura dei fatti, con relativa sentenza, che ha scatenato però le ire in aula dove è scoppiato il caos con amici e parenti della vittima che sono stati in seguito allontanati. La madre di Marco Vannini ha urlato:<< venduti, non c’è Stato per Marco>> ed il padre ha poi dichiarato:<< La vita di Marco non può valere 5 anni. Dove sta la legge? Aveva il futuro davanti>>, alle proteste dei familiari si è unito anche il sindaco di Cerveteri Alessio Pascucci, comune in cui Vannini è nato, che ha commentato:<< Uno stato che consente di uccidere un suo ragazzo senza che di fatto i suoi assassini vengano puniti non è uno Stato di diritto ma uno Stato in cui la giustizia è ormai morta e le istituzioni non sono più un riferimento credibile per i cittadini. Spice dirlo da uomo delle istituzioni ma il caso di Marco ha scosso tutta la nostra comunità, per l’evento truce e infame che ha portato alla morte di questo giovane ragazzo. Da sindaco mi sento di dire che oggi provo un senso di vergogna nell’indossare la fascia tricolore in rappresentanza di uno Stato che non tutela i cittadini e che lascia impuniti gli assassini di Marco. Metterò le bandiere della nostra città a lutto e invito tutti i sindaci di tutta Italia a farlo in rispetto di Marco Vannini e dei tantissimi che come lui hanno perso la vita senza che lo Stato italiano gli riconoscesse giustizia>>