Nuovo Devoto-Oli per festeggiare i 50 anni
Il Devoto-Oli, il più famoso vocabolario della lingua italiana, festeggia 50 anni. Il dizionario di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, fu pubblicato per la prima volta nel 1971 dalla casa editrice Le Monnier, riprendendo il progetto del 1967 degli stessi autori. Per festeggiare il mezzo secolo, la nuova edizione del dizionario appare profondamente rinnovata:70.000 voci, alle 250.000 definizioni, alle 35.000 locuzioni, alle 66.000 etimologie ma sopratutto un «pronto soccorso linguistico» con 200 schede interne, tutte dedicate ai cosiddetti anglicismi, ovvero i termini importati dalla lingua inglese.
Il nuovo Devoto-Oli
Oltre ad aver aggiunto qualche termine del parlato corrente come “Post”, “Brexit” e “Fake news” sono state proposte delle alternative in italiano a delle diffuse espressioni inglesi, come nel caso della parola “autoscatto” da poter utilizzare al posto del comunissimo “selfie”. Una causa nobile ma che in alcuni casi risulta un po’ forzata.
Polemica sulle parole ”straniere”
Questo controverso aggiornamento del Devoto-Oli sta facendo senza dubbio discutere e ha acceso gli animi di linguisti e non. In molti, stanchi di tutte queste parole inglesi, tirano un respiro di sollievo sfogliando la versione aggiornata del vocabolario.Ma questi anglicismi stanno davvero intaccando il nostro patrimonio lessicale? Nella nostra vita quotidiana utilizziamo circa il 13% del lessico comune e un’infinitesima parte dell’intero patrimonio lessicale italiano. In molti attribuiscono una buona parte della “colpa” ai forestierismi: ma è davvero così? Escludendo grecismi, latinismi e i cosiddetti “paralatinismi”, secondo l’enciclopedia Treccani, i vocaboli stranieri non adattati sono l’ 1,4% e si può ragionevolmente immaginare che l’apporto dell’inglese si aggiri tra lo 0,5 e l’1%. Inoltre, moltissimi anglicismi hanno a che fare con il linguaggio tecnico -informatico e scientifico – e per ovvie ragioni pratiche devono essere importati senza essere tradotti. Molti linguisti si battono per evitare che il flusso sempre maggiore di prestiti linguistici faccia perdere di vista la ricchezza della lingua italiana quando però a prescindere dall’inglese e da ogni altra lingua, l’italiano medio tende comunque ad essere linguisticamente pigro. Forse, questi anglicismi sono meno minacciosi di quanto possano sembrare.
Luca Serianni e Maurizio Trifone nell’introduzione del Devoto-Oli sostengono che «in tanti casi un anglicismo è frutto di una semplice inerzia e magari di una certa quota di provincialismo» e sicuramente dietro questa affermazione c’è una parte di verità ma bisogna sempre ricordarsi che la lingua è viva e si adatta, nel bene e nel male, al cambiamento, esattamente come chi la parla ogni giorno. Forse, ogni tanto, potremmo risparmiarci qualche “brand”, “briefing” e “meeting” di troppo ma tenendo sempre presente che noi e la nostra lingua siamo il risultato dello sviluppo della nostra società.
[amazon_link asins=’8800500730,8800500536,8800500676′ template=’ProductGrid’ store=’newslyit-21′ marketplace=’IT’ link_id=’6eba5bd6-9d79-11e7-a82a-df6b4dcba903′]