Musica indie: intervista esclusiva ai Malkovic
I Malkovic nascono ufficialmente a Milano nel 2015 anche se la loro storia comincia molto prima, nella provincia di Brescia dall’idea di due ragazzi Giovanni ed Elia a cui si è unito Fabio, al basso. Da quel momento i Malkovic hanno iniziato a fare musica usando come studio il piano -5 di un parcheggio. Molto romantico vero? Nel 2018 qualcosa è cambiato. Un nuovo Ep, Simone ha sostituito Elia e il vecchio “studio di registrazione” è stato sostituito anche se ogni tanto i Malkovic hanno un po’ di nostalgia del vecchio parcheggio.La musica dei Malkovic è senza dubbio molto interessante. Un suono post rock e testi che parlano un po’ di tutto ma che come denominatore comune hanno il pregio di esprimere sensazioni in cui chiunque può riconoscersi. Sono incredibilmente semplici e diretti nell’esprimere malinconia, rabbia, tristezza, insicurezza, felicità e ottimismo. Insomma, qualsiasi sentimento arriva alle cuffie di chi ascolta, senza alcun filtro ed è forse questa semplicità che ve li farà apprezzare. Ogni momento è buono per ascoltare i Malkovic quindi aprite il vostro spotify, premete play e non ve ne pentirete.
Malkovic: Buena Sosta
Buena Sosta è l’ep dei Malkovic, scritto e prodotto tra il 2017 e il 2018, è un ep di 5 brani (Colossus, Gnavi, Russi, Buena Sosta e Chitarrine). L’ep racchiude un po’ il vecchio e il nuovo della band, racchiude il percorso di Giovanni e del suo gruppo sotto il profilo della musica ma anche sotto il profilo personale. Il titolo dell’album è già tutto un programma, Buona sosta era la scritta che leggevano nella loro famosa sala prove, il parcheggio al piano -5. “BUONA SOSTA, con uno stupendo smile che ci faceva l’occhiolino. A forza di vederlo mi sono convinto, che forse quello stupido messaggio di benvenuto cercava di dirmi qualcosa, che per un anno e mezzo mi sono chiesto che cosa resta di quello che viviamo”.
Intervista a Giovanni dei Malkovic
Come mai questo nome, Malkovic, per la vostra band? Cioè domanda che forse sarebbe opportuno facesse una persona che non abbia il mio nome ma potete fingere che mi chiami Giulia e va bene così. Ciao India o Giulia se preferisci. Ho sempre pensato di inventarmi una storia strappalacrime riguardo al nostro nome ma in realtà nasce dalla nostra stima per John Malkovich (in particolare dopo aver visto Essere John Malkovich, film che ci è piaciuto molto), a cui poi abbiamo tolto una H per sembrare più alternativi. Ci è sempre piaciuto come nome, suonava bene e ci siamo affezionati. Come avete iniziato a fare musica e com’è nato il vostro progetto? Io e Fabio suoniamo insieme da molto tempo (veniamo entrambi da Sarezzo, un paese a nord di Brescia, anche se ora siamo a Milano). I Malkovic sono nati da me e Elia, il nostro ormai ex batterista: da tempo volevamo trovarci a suonare e quando entrambi ci siamo trasferiti a Milano per studiare abbiamo colto l’occasione. Dopo qualche mese si è aggiunto Fabio al basso ed è nato il progetto vero e proprio, che in questo periodo festeggia tre anni.
Il vostro trio ha subito qualche cambiamento, mi raccontate qualcosa? E soprattutto cosa vi aspettate da questo 2018 per la vostra musica e il vostro nuovo Ep? Sì, a settembre Elia ha capito che non sarebbe più riuscito a portare avanti i molti progetti che stava coltivando ora che è diventato musicista di professione, e purtroppo ha dovuto cambiare strada e lasciare il gruppo dopo l’ultimo concerto a ottobre. Dopo un attimo di spaesamento abbiamo chiamato Simone alla batteria, con cui avevamo suonato precedentemente in una band e ci siamo sempre trovati benissimo. È stato sorprendente perché, oltre al bel rapporto che abbiamo riguadagnato con lui, siamo partiti a cannone e abbiamo scritto un sacco di pezzi che ormai hanno ribaltato la scaletta rispetto a qualche mese fa. Per il 2018: tendiamo a non avere troppe aspettative, vediamo quello che viene dal lavoro che stiamo cercando di rendere sempre più serio. Un passo alla volta ci stiamo guadagnando sempre qualcosa in più (ovviamente mai in termini economici, sigh), e questo ci fa godere i nostri piccoli traguardi. Il nuovo Ep raccoglie gli ultimi pezzi che abbiamo fatto con Elia, chiude un periodo e ne apre un altro. Siamo curiosi, a noi piace.
Buena Sosta, mi piace un sacco il singolo, è bello tutto l’album a dirla tutta e mi piace ancora di più la storia che c’è dietro a questo titolo. Vi manca il vostro vecchio “studio” al piano -5 di un parcheggio? Tuttora resiste ma io e Fabio siamo tornati a provare a Sarezzo, soprattutto perché Simone vive e lavora a Brescia. Abbiamo trovato il nostro equilibrio prendendoci intere giornate nel weekend per produrre i nuovi pezzi e suonare il più possibile, avendo a disposizione una sala prove totalmente nostra. Ogni tanto ci torniamo comunque al -5, è un po’ troppo umido e stretto ma ci si sta bene.
Qual è stata la tua prima musicassetta, cd o vinile? Acquistata sinceramente non ricordo, sono cresciuto con mio fratello che suonava sia RATM e QOTSA che musica italiana come gli Afterhours, quindi i primi album che ho ascoltato con coscienza sono i loro, però mi ricordo che la prima canzone che ho sentito il bisogno di riascoltare è stata Sono fuori dal tunnel di Caparezza. Qual è stato il momento in cui avete deciso che volevate fare musica e non solo ascoltarla? Sotto sotto appunto perché vedevo mio fratello sul palco che si divertiva un sacco e volevo diventare come lui, poi lui ha smesso e io ho continuato. Però già lo avevo intuito in seconda media, quando ho conosciuto Fabio e mia madre mi portava a casa sua (da solo non riuscivo a portare l’amplificatore) e nella sua camera da letto suonavamo Bombtrack, ovviamente male. C’è qualche cantante o qualche gruppo a cui vi ispirate per la vostra musica? In realtà no, però ovviamente quando suoni e ascolti tanta musica diversa tutto viene assorbito e ognuno ci sente quello che vuole. Nelle due ultime settimane per esempio ho ascoltato praticamente solo gli ABBA.
Se doveste descrivere il vostro nuovo album con una frase quale scegliereste? E per Buena Sosta invece che frase scegliereste? Ho perso gli occhi ma ti vedo meglio ora che lentamente sfiori il fondo. Vorrei parlare un attimo di Ludo, il vostro nuovo singolo che segna un po’ il passaggio dal vecchio al nuovo trio…questa frase con cui descrivete/descrivi come è nata questa canzone “nel mio caso stavo mangiando un kebab per le vie del centro della città da cui veniamo, avevo appena litigato furiosamente con una delle persone più importanti della mia vita, era un qualunque sabato pomeriggio in cui inizia a fare caldo e i bambini urlano.” Probabilmente passeggiamo nella stessa città e il kebab piace anche a me ma quello che voglio sapere è molto più semplice. Hai fatto pace con questa persona? Sì, poco dopo, però poi è sparita comunque. Drammi a parte, è bello vedere che, anche se molte cose sono cambiate, quello che ho scritto ormai anni fa rimane vero per me, nonostante tutto. Mi soffermo su Ludo, dato che la domanda di prima era di puro gossip. È una canzone malinconica…ci sento rabbia, tristezza e voglia di mandare tutto e tutti a quel paese…il nuovo album che tono avrà? È stato particolare perché mi sono accorto, una volta che abbiamo raccolto e sistemato i pezzi dopo averli registrati, che le canzoni tracciavano un percorso ben definito della mia vita. Colossus è il salto nel vuoto, Gnavi e Russi sono due pezzi brevi e diretti che riflettono un po’ il brutto periodo che ho vissuto. Buena sosta non fa la pace con tutto, ma sente che qualcosa è rimasto e rimarrà.Qual è il vostro piatto preferito? Qualche settimana fa a Orvieto ho mangiato la carbonara più buona della vita quindi dico carbonara, però siamo delle buone forchette, apprezziamo tutto.