Morto Azeglio Vicini, ex C.T. della Nazionale Italiana di Calcio
Si è spento ieri sera all’età di 84 anni Azeglio Vicini, ex Commissario Tecnico della Nazionale, nella sua casa a Brescia, città dove viveva da sempre con i suoi tre figli. Malato da lungo tempo, la sua ultima uscita pubblica risale a marzo di un anno fa quando al Palazzo Loggia di Brescia presentò il suo libro: “Azeglio Vicini. Una vita in azzurro”
Chiamato a sostituire Bearzot sulla panchina azzurra dopo il mondiale di Mexico ‘86, Azeglio Vicini, all’epoca allenatore dell’Under 21, ne prese il posto guidando l’Italia fino al 1991 quando passò il testimone ad Arrigo Sacchi. Guidò gli “azzurri”, come amava chiamarli lui, all’Europeo dell’ ‘88 e al mondiale di Italia ‘90, quello delle notti magiche. Si ritrovò con una Nazionale giovane e spigliata, ricca di talento e conosciutissima: Zenga, Mancini, Vialli, Giannini, Donadoni, Bergomi, Ferri solo per ricordare qualche talento e consacrò definitivamente quel Totò Schillaci che a suon di prodezze e gol portò la nazionale al terzo posto del mondiale italiano, dove solo l’Argentina di un grande Maradona riuscì a fermarli.
Aveva una certa passione per le statistiche e i numeri. Infatti portava con sé, sempre un taccuino dove appuntava tutto, soprattutto le statistiche dei propri calciatori. Ma ricordava perfettamente tutto a memoria e sapeva da quanto tempo un suo attaccante non segnava in maglia azzurra. I suoi allenamenti erano sempre aperti al pubblico, segno di una vicinanza con i tifosi che allora seguivano la Nazionale da vicino. Si ricorda infatti l’episodio dello stadio Vestuti di Salerno dove ordinò ai vari Zenga, Vialli, Mancini, Baggio di sgambettare lungo la linea del bordo campo completamente infangata. Questo perché tutti i tifosi potessero vedere da vicino e toccare quasi i propri beniamini, perché “gli azzurri sono sempre al servizio della gente”.
Verrà ricordato come un ottimo C.T. che ha permesso all’Italia di ottenere due terzi posti e sognare, nelle notti magiche, quella finale poi mancata. È stato l’allenatore del calcio leggero, aggressivo, mai catenacciaro, votato all’attacco e senza alcuna esasperazione o pressione; sapeva fare gruppo e tenere unita la compagine azzurra verso l’obiettivo comune: ottenere il primato dell’Italia attraverso le vittorie. Purtroppo nel 1991 mancò la qualificazione all’Europeo del 1992 e fu sostituito da un altro grande romagnolo: Arrigo Sacchi. D’altronde la Romagna è stata sempre la terra dei grandi Commissari Tecnici e dei visionari del calcio. E da oggi un pezzo di quella storia mancherà un po’di più a tutti noi.