Miracolo di Santa Rosalia, Don Ceravolo: “ha guarito un ragazzo malato di tumore”
Durante la celebrazione per la Festa Liturgica di Santa Rosalia il parroco Don Gaetano Ceravolo ha dato notizia di ben due miracoli da parte della "Santuzza".
A Palermo si grida al miracolo. Uno forse addirittura due, poichè secondo quanto affermato dal parroco del Santuario, Don Gaetano Ceravolo, Santa Rosalia ha guarito un ragazzo da un tumore e lo ha salvato anche da un suicidio, quest’ultimo è testimoniato anche da un cappio lasciato al Santuario. Sono gli ultimi due miracoli che per intercessione della “Santuzza” sono stati fatti per la sua Palermo.
L’annuncio nel giorno della festa
Di ciò ne è dunque convinto il reggente del Santuario diocesano di Montepellegrino, don Gaetano Ceravolo che ne ha dato notizia al termine della solenne concelebrazione presieduta dall’Arcivescovo, mons. Corrado Lorefice in occasione della Festa liturgica di Santa Rosalia. “Questi sono soltanto gli ultimi miracoli in ordine di tempo – ha affermato don Ceravolo – ma posso testimoniare di tanti altri prodigi che Dio ha fatto, grazie all’intercessione della nostra Santuzza”. Presente alla celebrazione anche Don Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo il quale nella sua omelia l’Arcivescovo ha richiamato i cristiani a vivere una vita coerente con il Vangelo sull’esempio di Santa Rosalia che è diventata eremita per seguire Cristo.
“Nella vita di ogni giorno – ha detto Lorefice – l’attesa definitiva della fine dei tempi, si vive in una carità operosa, anche se per noi c’è il rischio che la Fede si affievolisca o rimanga conformata alle logiche del mondo. La Fede si vive nel quotidiano e tutte le volte che abbiamo accolto un profugo, un ammalato, un affamato o un assetato l’abbiamo fatto a Cristo”.
Il richiamo alle vite umane morte in mare
Così dunque al termine delle celebrazione una processione con la reliquia di Santa Rosalia si è snodata fino alla grotta dove l’artista Alessandra Salerno ha cantato “Lu canticu di li animi”, una storia scritta dal punto di vista di un angelo che si trova inerme davanti alla sofferenza, alla morte e alle preghiere della gente disperata. L’angelo si rimette a Dio per portare pace alle anime e accompagnarle nel trapasso. “Questa canzone è stata scritta immaginando il periodo della peste del 1624 – spiega Alessandra Salerno – durante la quale la Santuzza intercedette presso Dio al Canto del Te Deum laudamus” perché Palermo fosse liberata dal morbo. E’ soprattutto una canzone più che mai attuale, e che dedico a tutte le anime perse nei nostri mari”.