Millennium – Quello che non uccide: Recensione del Film
La saga Millennium “ricomincia da tre” dopo il primo capitolo diretto da David Fincher nel 2011. A otto anni da “Uomini che odiano le donne”, Fede Alvarez recupera il soggetto dal quarto libro della serie, non scritto da Stieg Larsson ma da David Lagercranz. A cambiare anche gli attori: non più Rooney Mara e Daniel Craig ma Claire Foy e Sverrir Gudnason nei ruoli di Lisbeth e Mikeal.
Con un flashback temporale di vent’anni circa, il film si apre con una surreale partita a scacchi tra le due sorelle protagoniste del film da bambine. Lisbeth Salander decide di scappare di casa dinanzi all’ennesima violenza sessuale che il padre vorrebbe praticarle, ma la sorella Camilla (Sylvia Hoeks) decide di rimanere e subire le angherie del mostro.
Ritornati nella Stoccolma del 2018, Lisbeth è intenta a punire l’ennesimo uomo di successo che maltratta moglie, figli e prostitute (regalando i soldi dell’uomo e torturandolo nelle parti intime) quando viene contattata da un ex programmatore della NSA preoccupato per i risvolti che la sua invenzione – riesce a controllare i missili in ogni nazione del mondo – possa avere.
Lisbeth viene incaricata di hackerare il software e rubarlo per distruggerlo, ma lasciando tracce nei sistemi informatici attrae l’attenzione di gruppi criminali, guidati dalla sua “antica” nemesi, che hanno intenzione di ucciderla e scoprire i codici di accesso alla piattaforma.
Millennium – Quello che non uccide: la sceneggiatura non regge il film
Fede Alvarez cambia totalmente genere passando dall’horror (dirisse il remake de La Casa) alla spy story definita “noir” dallo stesso regista. Nonostante la fotografia si adatti bene ai freddi ambienti svedesi, dando un’ottima idea di un clima da caccia all’uomo, il film non può assolutamente venir promosso per i numerosi e ripetuti buchi di sceneggiatura ricoperti in malo modo.
Quello che spesso viene a mancare è la sostanza del cinema, ovvero il rapporto causa-effetto e la consequenzialità nei fatti proposti. Il nuovo Millennium, al netto delle polemiche sul soggetto adattato da un libro che richiama i personaggi di Larsson, pecca in una narrazione pretenziosa, specialmente nella scelta difficile di iniziare in flashback, stravolgendo – per definizione – l’ordine dei fatti.
Come da manuale di storytelling, il flashback acquisterà significato solamente nel finale, tuttavia in maniera prevedibile e leggermente priva di senso. Millennium, Quello che non uccide (titolo tradotto per The Girl in the Spider’s Web) è un film che gioca su intrighi internazionali e grandi congetture militari per finire in una faccenda non attinente al canovaccio tra le protagoniste assolutamente irrilevante.
Il plot twist che disvela la vera natura dei fatti arriva troppo tardi (a meno di 15 minuti della fine) e non convince lo spettatore che – giustamente – non riesce ad essere coinvolto. Quello che probabilmente non funziona in maniera maggiore è la scelta di ambientare in Svezia la storia, in contrasto con il mood che la città propone, rappresentando una spy story americanizzata in un contesto “esotico”.
A differenza di ciò che ha dichiarato il regista in conferenza stampa, Stoccolma è anonimizzata dalla scelta di proporre l’inglese come lingua di dialogo (abbastanza straniante) e modi di fare e dire della polizia e degli 007 svedesi, ritrovabile in una qualsiasi produzione hollywoodiana.
Il nuovo Millennium è puro intrattenimento
Nonostante tutto, il film riesce ad intrattenere a patto che lo spettatore non conosca gli antefatti della saga (e quindi affrontandolo come film “a se stante”) e sorvoli gli assurdi rimedi usati dalla protagonista per scappare alla morte ogni volta all’ultimo respiro.
Il cast è comunque di tutto rispetto e – grazie alla complessità dei personaggi presenti nel libro – riesce a dare un certo spessore alla caratterizzazione dei protagonisti. Il giornalista Mikeal fatica ad uscire dall’anonimato, mentre il personaggio di Lisbeth, vendicatrice del genere femminile funziona abbastanza. L’antagonista, non analizzata per motivi di spoiler, serve a dare un contraltare ad una figura già di per sè oscura come Lisbeth, ma le ragioni della sua ira sono veramente assurde per essere credibili.
Sono comunque molte le risorse, umane e presumibilmente economiche, impiegate in questa produzione, ma dal punto di vista qualitativo non v’è assolutamente un ritorno artistico.