Martirio di San Sebastiano, ritrovata l’opera del Barocci rubata
Ritrovato a un’asta a Genova il dettaglio del Martirio di San Sebastiano, trafugato dal Duomo di Urbino negli anni Ottanta. Tutti i dettagli della clamorosa scoperta. Chiunque abbia mai avuto il piacere di visitare il duomo di Urbino si sarà soffermato nella visione dei diversi capolavori esposti al suo interno; uno in particolare, che non passa indubbiamente inosservato riguarda la seconda cappella a destra: una tela alta oltre 4 metri capeggia in tutta la sua bellezza proprio qui e riguarda il Martirio di San Sebastiano. L’opera giovanile di Federico Barocci, artista ed esponente del manierismo che già in questo lavoro mostra la sua cifra distintiva è carico di figure dal dinamismo prestante.
Fu commissionata nel novembre 1557 per la cappella sopracitata da Benedetto Bonaventura, nel rispetto del lascito testamentario del padre Antonio, per la somma di 100 fiorini. Il contratto fu controfirmato da Ambrogio Barocci, padre di Federico, allora minorenne, probabilmente assente da Urbino per un periodo di formazione. L’opera sarà consegnata un anno dopo, nel 1558. Da qui prende forma l’ipotesi di un apprendistato fuori città, ipotesi formulata da molti studiosi e critici d’arte che spiegherebbe il repentino cambiamento culturale dell’artista, soprattutto se la si confronta con il dipinto della “Santa Cecilia”, conservata nella medesima chiesa e realizzata solo qualche anno prima.
Il dipinto trae alcuni riferimenti e ispirazioni alla “Pala Gozzi” di Tiziano, conservata presso la Pinacoteca Podesti di Ancona, soprattutto nell’albero dalle foglie immobili contro il cielo striato. Riferimenti ad opere di Raffaello sono evidenti invece in diversi punti della tela e su diverse movenze e volti dei personaggi rappresentati.
Martirio di San Sebastiano: un viso scompare dalla tela
E’ innegabile per chiunque non notare la vistosa toppa in basso a sinistra dell’opera. Come indicato, negli anni Ottanta un ignoto deturpa il lavoro del Barocci ritagliando il volto del fanciullo ivi ritratto: si tratta del primogenito del committente, Antonio Bonaventura, una pratica, quella di ritrarre i committenti o i propri familiari in voga a quei tempi, sia come richiesta ufficiale del committente sia come scelta personale degli artisti che in questo modo omaggiavano gli stessi per la possibilità di averla eseguita. Da quel momento del pregiato ritaglio si perdono le tracce, probabilmente perdendosi esso stesso nel fitto traffico illegale di manufatti e opere d’arte.
Martirio di San Sebastiano: la meravigliosa scoperta su Genova
Appena due giorni fa Giancarlo Ciaroni, gallerista pesarese, si ritrova a scoprire e rimirare con sospetto un lotto sul sito d’aste genovese Wannenes, sospetto però pressante, per il quale allerta prontamente Massimo Pulini, studioso e attuale assessore alle Arti a Rimini. Pulini non è nuovo a ritrovamenti e attribuzioni: basti ricordare, per esempio, fra i diversi il Ritratto di Scipione Borghese del Caravaggio, rinvenuto nel piccolo museo di Montepulciano.
Pulini non mostra il minimo dubbio nell’identificare sin da subito, nel lotto in vendita, la testa del bambino ormai perduta: si tratta proprio del ritaglio del Barocci, finito chissà come in quest’asta che verrà battuta il 31 maggio. La stima ha del ridicolo (dai 500 agli 800 €) e francamente non si sa ancora come sia stata possibile per una casa d’aste una svista simile, che allega al prezzo la descrizione del ritaglio come un olio su tela chiamato “Testa di bimbo” di cm 40×42, attribuito a un anonimo “pittore veneto del XVII secolo”. Fortunatamente non sarà possibile per nessuno aggiudicarsi il pezzo: Pulini, verificata la notizia ha allertato il Nucleo tutela patrimonio artistico dei Carabinieri (il cui splendido operato a tutela del patrimonio nazionale abbiamo discusso nell’articolo dedicato ad una delle puntate di Ulisse di Alberto Angela), che siamo certi stia intervenendo proprio in questi giorni, per accertarne eventualmente provenienza, dettagli e responsabilità.
Indubbiamente è per Pulini è la realizzazione di un sogno, oltre ad essere una vicenda che, protrattasi per quasi quarant’anni vede finalmente il suo lieto fine. Ma perché parliamo nuovamente di sogni? Nel suo avvincente romanzo del 2011, Gli inestimabili – letto e che vi consigliamo proprio per questo – lo studioso raccontava infatti alcuni retroscena circa il furto della Muta di Raffaello e di altre due opere di Piero della Francesca dal Palazzo Ducale di Urbino nel 1975. Proprio in questo romanzo, fra i cui personaggi è presente per assurdo anche lo stesso Giancarlo Ciaroni, Pulini elaborava un ottimo intreccio fra la vicenda di Palazzo Ducale a quella del furto del Barocci, concludendo il racconto con un vero e proprio sogno nel cassetto, per studiosi del loro calibro:ritrovava e riconsegnava la testa del bambino. Un sogno che, neanche a dirlo sta per concludersi e divenire realtà.