Manifesto di ProVita, Cirinnà: ”Va rimosso”
Nel bene e nel male, sempre più spesso le piattaforme social si rivelano piazze virtuali nelle quali anche il minimo bisbiglio può venir amplificato, farsi grido e generare notizie.
La senatrice del Partito Democratico Monica Cirinnà, famosa per la nota legge sulle unioni civili che ne porta il nome, ha nuovamente acceso i riflettori su di sé per alcune affermazioni pubblicate su Facebook in merito a un manifesto che l’associazione Pro Vita, onlus che “opera in difesa dei bambini, della vita, che sostiene la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, e che difende il diritto dei genitori a educare i propri figli”, ha recentemente affisso su un palazzo di via Gregorio VII, a Roma.
Tale manifesto non passa effettivamente inosservato né per dimensione, essendo pari più meno a sette metri di altezza, né per messaggio; mostra infatti l’immagine di un feto di appena undici settimane circondato da frasi molto significative:
“Tu eri così…tutti i tuoi organi erano presenti…il tuo cuore batteva già dalla terza settimana dopo il concepimento…già ti succhiavi il pollice…ora sei qui perché tua mamma non ti ha abortito.”
Parole che colpiscono, e che evidentemente non hanno lasciato indifferente la senatrice, la quale, mostrando forte indignazione, ha commentato e pubblicato un articolo sull’argomento tratto da ROMATODAY.it , esprimendosi nella pubblica piazza del Faccialibro in questo modo: “Vergognoso che per le strade di Roma si permettano manifesti contro una legge dello Stato e contro il diritto di scelta delle donne. #rimozionesubito”.
Forse una reazione un po’ troppo impulsiva, poco ponderata se la pensiamo giungere da parte di una personalità politica di spicco quale è la senatrice; sta di fatto che se le parole scelte da Pro Vita per manifestare le proprie idee sulla pratica e le conseguenze dell’aborto sono state capaci di “triggerare” tale reazione, anche le sue non son state da meno, ed hanno subito innescato una discussione che, come spesso succede in rete, ha finito per mostrare il meglio e il peggio di noi homo sapiens del 2018, molto avvezzi al tifo da stadio anche quando però la partita si gioca nel campo della politica e delle idee in generale.
Come si evince dalla prima parte dell’affermazione della senatrice e dai vari commenti che alcuni utenti hanno avuto la fortuna di ricevere ( cit. “E non vi dovete intromettere nella vita di una donna.”), il problema risiede nell’interpretazione soggettiva del manifesto di Pro Vita: da un lato esso è percepito come un affronto in chiave religiosa alla legge 194 del 1978, storica legge sull’interruzione volontaria della gravidanza con la quale sono venuti a cadere i reati previsti dal titolo X del libro II del codice penale, mentre dall’altro sembra venir inteso come contrario alla libertà della donna di scegliere, o, più in generale, semplicemente di gestire aspetti della propria vita, di cui fa chiaramente parte la gravidanza; ma è veramente così? E’ questo l’intento del manifesto?
In questa direzione va decisamente anche la lettera dell’associazione onlus Vita di Donna indirizzata alla sindaca Raggi, con l’intento di organizzare una raccolta firme che abbia il fine di rimuovere, senza se e senza ma, il manifesto:
“Troviamo indegna e aberrante l’iniziativa di alcuni gruppi integralisti, un maxi manifesto contro il diritto di scelta delle donne sul loro corpo.
In un paese in cui la legge 194 sull’interruzione di gravidanza si scontra con il boicottaggio del personale medico, non sentivamo davvero la necessità di assistere ad una campagna che mira a restringerne ulteriormente l’efficacia, e risulta degradante ed offensiva nei confronti delle donne.”
Ma come sottolinea anche Giordano Bruno Guerri in un articolo de’ Il Giornale di oggi, dedicato proprio alle affermazioni della Cirinnà, “il manifesto non è né contro una legge dello stato né contro i diritti delle donne: è la manifestazione, per quanto cruda, di un pensiero che ha diritto di essere manifestato, nel rispetto della libertà di espressione.”
E’ infatti a ben vedere questo il vero problema, non ché il “leit motiv” delle tante proteste che le parole della senatrice hanno portato con sé: la sensazione, ma forse sarebbe più indicato dire la constatazione, che oggi giorno nel nostro paese non sia sempre permesso o indicato esprimere certi pensieri e idee.
Non può infatti che suonare come una censura l’hashtag “#rimozionesubito”.
Allora forse dovremmo fermarci un attimo e analizzare razionalmente le cose, senza dare corda a sentimenti negativi, interpretazioni personali e qual si voglia movimento basso della pancia, consci che la diversità di idee non è da temere né demonizzare; è per una società civile e democratica, se esercitata nel rispetto dell’altro e della legge, il suo stesso fondamento.
Qualcuno, a torto per molto tempo si è pensato Voltaire, disse:
“Non sono d’accordo con ciò che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire.”
Forse è questo il messaggio che andrebbe stampato in un manifesto di sette metri.