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Chi è Luca Traini? L’assalitore di Macerata

Violenza, odio e vendetta: sono i motivi della folle sparatoria avvenuta a Macerata nella giornata di ieri. Un’auto nera si aggirava per le vie del centro e all’improvviso ha iniziato a sparare ad altezza d’uomo proprio nel quartiere dove risiedeva l’assassino di Pamela. Un raid razzista punitivo in piena regola.

Chi è Luca Traini

È un giovane di ventotto anni originario di Tolentino, incensurato e alto un metro e 80 centimetri, fisico atletico, capelli rasati. Quando i carabinieri lo hanno arrestato, si è tolto la giacca mimetica e avvolgendosi nella bandiera italiana ha alzato la mano destra nel saluto romano dinanzi il monumento ai caduti. Si è proclamato anche autore del raid. Simpatizzante della lega, è stato anche candidato nelle liste del sindaco leghista Baldassari. Al di là della sua candidatura Traini si presenta con un esponente di estrema destra: sulla testa, all’altezza della tempia destra, porta il tatuaggio con il simbolo di Terza posizione, partito neofascista eversivo fondato negli anni ‘70 da Roberto Fiore, oggi leader di Forza Nuova. Il simbolo ha origine tedesca e fu adottato come emblema della pnzer division “DAS REICH” delle SS naziste. Il collegamento tra la brutale uccisione di Pamela e i Raid sembra scontato, dal momento che pare Luca fosse innamorato di una ragazza romana tossicodipendente. La descrizione combacia con quella di Pamela, ma per ora gli inquirenti escludono un collegamento tra l’assassino della ragazza e l’autore dei raid.

I motivi di questa insana follia

La città era già sotto shock per la tragica morte di Pamela, la ragazza diciottenne romana, fuggita da una comunità, dov’era in cura, e uccisa barbaramente. La diciottenne è stata prima violentata, poi amputati gli organi genitali e infine fatta a pezzi, lavata con candeggina e rinchiusa in una valigia. L’unico indagato al momento per il brutale omicidio è un ventottenne nigeriano di nome Osenghale. Il giovane aveva il permesso scaduto e in aggiunta anche piccoli precedenti per spaccio e droga.

Il Raid

Alle 11 di un normalissimo sabato mattina nella città di Macerata, un ventottenne italiano ha sparato ad altezza d’uomo alcuni colpi di pistola dalla sua auto in corsa ferendo sei persone e colpendo altrettanti negozi e locali della zona. I feriti sono tutti uomini di colore e di provenienza africana, tra di loro anche una donna, di cui due gravi. L’uomo a bordo di un’Alfa 147 nera ha sparato prima dinanzi la stazione, poi successivamente in via dei Velini e in via Spalato, la via dove risiedeva il presunto colpevole dell’omicidio di Pamela.

Sui social il sindaco di Macerata aveva invocato il coprifuoco, invitando la cittadinanza a non uscire da edifici e case. Anche il servizio di trasporto pubblico è stato interrotto, le scuole hanno dovuto tenere i bambini e ragazzi oltre l’orario scolastico. Polizia e carabinieri avevano predisposto blocchi in vari punti della città fino al fermo e arresto del giovane.

Perché tanto odio

L’uomo ha sempre avuto paura di ciò che non riusciva a comprendere o a conoscere. In particolare il diverso ha sempre suscitato timore. Nel mondo globalizzato e digitalizzato in cui viviamo, l’odio e il pensiero razzista non ha mai smesso di svilupparsi. Nel 500/600 abbiamo sfruttato l’uomo “nero” come schiavo e merce da vendere, non abbiamo compreso appieno la sua dimensione umana, ritenendolo più una bestia che un uomo. Con il passare dei secoli le cose non sono migliorate. L’Occidente ha sfruttato, e sfrutta ancora, l’Africa come meglio può. Abbiamo portato le armi e la guerra dove non c’era bisogno. Molti di quei profughi, che oggi si aggrappano alle nostre coste, sono nati sotto le bombe, hanno visto le loro madri violentate, le loro sorelle seviziate e poi uccise come fossero semplici animali da macello. Nel loro infinito percorso di fuga hanno subito angherie, schiavitù, compra-vendita. La storia di Osenghale, come quella di molti altri, è impregnata di questa insana forma di violenza costruita dall’Occidente. Con questo non si vuol giustificare un criminale, che è giusto che paghi se sbaglia, ma comprendere meglio la vita a cui sono stati costretti.

L’Occidente, dal canto suo, nella seconda metà del ‘900 ha scritto una delle pagine più nere e crude della storia recente dell’umanità. Ad oggi non sembra ancora aver imparato la lezione e continua ad esprimere un innaturale odio per questa “invasione”. Guardando ai dati però l’Italia ha solo il 2% dei migranti sbarcati in Italia, contro il 3% della Germania e il 4% della sola Londra. Allora perché vediamo l’africano come una minaccia se, stando ai numeri, non si può parlare d’invasione? Semplicemente perché l’Italia oggi vive una condizione di incertezza sociale, lavorativa e ciascuna figura esterna è vista come un pericolo, un aiuto alla criminalità, già forte e potente, e non come una risorsa per tutti noi. Forse dovremmo tutti noi allontanarci un po’ di più dalla dimensione social per tornare a quella reale per conoscere le storie di coloro che vengono a chiederci aiuto e sostegno.

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