Libertà di Stampa: l’informazione non cede alle minacce
Ieri il Viminale alla presenza del Ministro degli Interni Marco Minniti e del capo della polizia Franco Gabrieli, presenti anche il segretario generale e il presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, il presidente e il segretario dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Verna e Guido D’Ubaldo, ha reso noto il numero di giornalisti e operatori dell’informazione, che hanno subito atti intimidatori nel 2017.
Sempre ieri l’Osservatorio “Ossigeno per l’informazione” ha diffuso i dati che riguardano i giornalisti minacciati nel nel corso del 2017 e sono 25, undici di più rispetto al 2016 e per il 25% donne. Ricordiamo che proprio in questi giorni, a Roma si sta celebrando il processo a carico di Armando Spada componente dell’omonimo Clan attivo sul litorale romano e principalmente ad Ostia, per le minacce subite dalla giornalista di Repubblica Federica Angeli, che è costretta tutt’oggi a vivere sotto scorta.
A questo elenco vanno aggiunti altri quattro giornalisti minacciati agli inizi di questo anno, facendo così salire il numero degli operatori dell’informazione minacciati dal 2006 ad oggi a quota 3537. Ma la cosa più grave che rivela “Ossigeno per l’Informazione ” è che dietro ogni intimidazione documentata, almeno altre dieci restano ignote perché le vittime non hanno la forza di renderle pubbliche.
Ossigeno per l’informazione
È un acronimo che sta per “Osservatorio Su Informazioni Giornalistiche E Notizie Oscurate”. Come c’è scritto nello statuto: “L’Osservatorio è stato istituito nel 2008 con il patrocinio della FNSI e dell’Ordine nazionale dei Giornalisti per documentare e analizzare il crescendo di intimidazioni e minacce nei confronti dei giornalisti italiani, in particolare contro i cronisti impegnati in prima linea nelle regioni del Mezzogiorno, nella raccolta e diffusione delle informazioni di pubblico interesse più scomode e, in particolare, nella ricerca delle verità più nascoste in materia di criminalità organizzata”.
L’Osservatorio ha l’obiettivo di accrescere la consapevolezza pubblica di questo grave fenomeno che limita la libertà di informazione e la circolazione delle notizie.
Ossigeno ha pubblicato i nomi degli operatori dell’informazione e la tipologia degli attacchi che hanno subito.
Da questa indagine emerge che per il 2017 la regione italiana più colpita è stato il Lazio: solo a Roma e dintorni sono stati accertati 141 casi di giornalisti, e blogger colpiti da minacce e intimidazioni di vario genere.
Come già detto sopra, queste cifre rappresentano solo la punta dell’iceberg perchè tengono conto solo degli episodi conosciuti e denunciati, una minima parte rispetto ai veri ordini di grandezza della violenza mafiosa contro la libera informazione.
Alla luce di quanto accade e dei numeri fin qui esposti circa il fenomeno delle intimidazioni alla libera stampa, c’è da sottolineare che per molti giornalisti non c’è stupore per quanto accade, semmai rabbia, solitudine, paura.
Ebbene ricordare che l’Italia è uno dei primi paesi al mondo per presenza di organizzazioni criminali che controllano il territorio. Al contempo, però è anche uno dei pochi paesi ad aver sviluppato degli anticorpi forti e non solo dal punto di vista giudiziario ma anche e sopratutto nell’ambito della comunicazione.
Il dato positivo
che emerge da questa indagine è la determinazione con la quale il giornalismo italiano ritiene che la funzione etica di questo mestiere non possa essere svilita da condizionamenti ambientali sicuramente difficili. In tanti hanno scelto di non piegarsi pur sapendo di essere esposti ai pericoli della mafia, della ndrangheta e della camorra e non da ultima a quelli della precarietà del lavoro di giornalista.
Infatti, ci sono giornalisti precari che documentano quotidianamente abusi e per questo vivono da anni sotto l’incudine di vertenze legali di migliaia di euro da parte di una politica “distratta” ma che si sente accusata e reagisce querelando, e dall’altra i gruppi criminali che passano dalle minacce verbali alle vie di fatto. Tutto questo con la consapevolezza che non esiste una legge che prevede sanzioni per liti e cause temerarie, nè condanne esemplari per chi tenda in modo violento di mettere il bavaglio all’informazione. In questo modo vengono colpiti due diritti: il dovere di informare e il diritto di essere informati.