Layne Staley, 16 anni fa la morte del piccolo Cobain
Molti ricorderanno il 5 d’aprile come data dell’anniversario della scomparsa di Kurt Cobain, indimenticabile frontman dei Nirvana, avvenuta nel 1994. Non tutti sanno però, che il 5 aprile ricorre anche l’anniversario della scomparsa di Layne Staley, carismatico cantante degli Alice in Chains e altra icona grunge che di Cobain n’era il diretto “discepolo” tanto da essere denominato proprio il “piccolo Cobain”.
A otto anni di distanza l’uno dall’altro, due figure importanti della scena grunge di Seattle hanno trovato la morte, in modi differenti, nello stesso giorno. Mentre Cobain sceglierà la via più breve per andare incontro alla sua morte sparandosi un colpo di fucile, Layne Staley affronterà un percorso più tortuoso, lacerato dalla sua dipendenza dall’eroina e dalla sua costante sofferenza esistenziale che lo logoreranno fino a condurlo verso l’ultima fermata della vita. Layne si abbandonerà completamente all’eroina dopo la morte della sua ragazza Demri Parrott per un’endocardite batterica. Morirà da solo, in “perfetta solitudine”, fino a quando non lo troveranno, diversi giorni dopo, in avanzato stato di decomposizione.
Layne Staley sarà ricordato per sempre per la sua voce, emotiva e carismatica, in grado di penetrare anche l’animo più duro. Layne era un artista sincero ed onesto capace di performance da pelle d’oca, la cui assenza ha lasciato un vuoto incolmabile in quella generazione di loser che vedevano in lui un punto di riferimento, capace di mescolare la propria vita e la propria arte in maniera indissolubile.
Personaggio unico e controcorrente del panorama rock degli anni ’90, Staley ha dovuto dire addio alla vita molto presto, “We die young” cantava quasi profeticamente nell’omonima canzone contenuta nel primo disco “Facelift” del 1992, scritta dall’amico e compagno di viaggio degli Alice in Chains Jerry Cantrell. Una frase che in quegli anni risuonava spesso, e mal volentieri, Layne Staley è stato, infatti, solo l’ultimo di quella cerchia d’artisti che ci hanno lasciato così giovani, un gruppo che conta tra le sue file Andrew Wood dei Mother Love Bone, l’attore River Phoenix, John Baker Saunders dei The Walkabouts, e il già citato Kurt Cobain.
Chi era Layne Staley? Breve biografia
Classe 1967, Layne Thomas Staley è nato a Kirkland, Washington, da Nancy Elizabeth e Philip Blair Staley. Sin da piccolo, Layne si è dimostrato un ragazzino abbastanza sveglio, dalla mente acuta e con diversi interessi, tra cui la musica. All’età di sette anni i suoi genitori divorziano a causa, anche, dei problemi del padre con le droghe. Il divorzio dei suoi genitori fu molto traumatico per il piccolo Layne, episodio che lo segna in modo indelebile per tutta la vita.
È alle scuole superiori, che Layne inizia a manifestare i primi segni di disagio, tanto è che la scuola che frequentava decide di mandarlo in un istituto per giovani affetti da problemi sociali. Layne incomincia, quindi, a perdere fiducia nei confronti della pubblica istruzione, ed in questo periodo della sua vita inizia a scrivere poesie e a suonare, la batteria negli Sleeze. Allo stesso tempo, inizia anche a fumare marijuana e a bere.
Nel 1987, Layne conosce il chitarrista Jerry Cantrell con il quale fonda gli Alice in Chains, alla quale s’uniscono il bassista Mike Starr e il batterista Sean Kinney. Con gli Alice in Chains, Layne realizza tre album (“Facelift”, “Dirt” e “Alice in Chains”), due EP (“Sap” e “Jar of Flies”) e lo straordinario “Unplugged”, una delle ultime apparizioni in pubblico di Layne Staley.
Il successo ottenuto con gli Alice in Chains rappresenta anche l’inizio del suo rapporto con l’eroina. Il padre camionista che lo aveva abbandonato, notando, per caso, il figlio su una rivista musicale decide di ripresentarsi per ovvi motivi. Ed è proprio il padre che conduce Layne a fare uso d’eroina, sul sentiero oscuro dell’autodistruzione. Con gli anni l’uso d’eroina si fa sempre più elevato e frequente tanto da non farli reggere più le tournée con il gruppo. Nonostante i diversi tentativi di disintossicarsi entrando più volte in clinica, non ci riuscirà mai completamente. Durante uno dei suoi ricoveri in clinica, Staley conosce Mike McCready chitarrista dei Pearl Jam e John Baker Saunders bassista dei The Walkabouts con i quali nel 1994 danno vita ai Mad Season. Con Barrett Martin degli Screaming Trees alla batteria pubblicano un solo album, “Above” (1995).
Layne Staley muore d’overdose il 5 aprile del 2002, otto anni dopo Kurt Cobain. Il suo corpo viene trovato in avanzato stato di decomposizione il 19 aprile.
Layne Staley in cinque canzoni
Il modo migliore per raccontare un’artista è, senza ombra di dubbio, ripercorrere la sua carriera artista. Per comprendere in pieno la personalità complicata del frontman degli Alice in Chains bisogna immergersi, a capo fitto, nell’espressività tipicamente loser delle canzoni che ha scritto e cantato negli anni della sua breve carriera. Ogni singola canzone, ogni singola parola partorita dall’estro contorto di Staley rappresentano un tassello espressivo dello stesso testamento musicale, una dichiarazione scritta e cantata della propria angosciata esistenza. Tra le tante, abbiamo voluto scegliere le cinque (più una) sotto l’aspetto puramente testuale più rappresentative.
- Junkhead (Dirt, 1992)
La dipendenza di Staley dall’eroina lo portò a dedicare a quest’inseparabile compagna di viaggio diverse canzoni. Solo in “Dirt” ce ne sono tre, tra cui “Junkead”, il cui testo appare quasi come una, vera e propria, dichiarazione d’amore: “You can’t understand a user’s mind, but try with your books and degrees. If you let yourself go and opened your mind, I’ll bet you’d be doing like me and it ain’t so bad”.
- Nutshell (Jar of Flies, 1994)
Tra le canzoni più belle e conosciute degli Alice in Chains c’è, ovviamente, “Nutshell”. Nonostante la tematica trasudi tutta la sofferenza esistenziale di Layne, questa è una canzone di cui non puoi non innamorati al primo ascolto: “And yet I find, repeating in my head, if I can’t be my own, I’d feel better dead”.
- Shame on You (Alice in Chains, 1995)
Una bellissima ballata scritta nel periodo più cupo della sua vita.
- Wake Up (Above, 1995)
Questa canzone pubblicata con i Mad Season rappresenta la presenza di coscienza di Staley e il tentativo di redimersi mai andato a buon fine.
- Killer is Me (Unplugged, 1996)
Contenuta nel fantastico “Unplugged” di MTV, questa canzone dal concetto profetico: “Il killer sono io, il killer di me stesso”.
Bonus track: Queen of the Rodeo (Live, 2000)
Il brano contenuto nell’album “Live” uscito nel 2000, è una canzone scritta nel periodo di Layne con gli Sleeze, il suo primo gruppo. La canzone racconta in un modo un po’ contorto l’abbandono del padre e del suo rapporto con la madre.
Discografia di Layne Staley
Con gli Alice in Chains
Facelift (1990)
Dirt (1992)
Sap Ep (1992)
Jar of Flies Ep (1994)
Alice in Chains (1995)
Unplugged (1996)
Nothing Safe: Best of the Box (1999)
Music Bank (1999)
Live (2000)
Greatest Hits (2001)
The Essential Alice in Chains (2006)
Live Facelift (2016)
What the hell have I / Get born again (2017)
Con i Mad Season
Above (1995)