Immigrazione in Italia, ipotesi blocco ONG Straniere
Nel quadro europeo dell’immigrazione l’Italia ha sempre avuto un ruolo ambiguo, a volte di secondo piano, a volte di ago della bilancia. I fatti di questi giorni potrebbero riportare in primissimo piano il ruolo dell’Italia nella gestione degli sbarchi. Il desiderio di spostare l’attenzione internazionale sul nostro paese è stato un cammino lento iniziato il 21 aprile scorso con la visita di Paolo Gentiloni alla Casa Bianca. Argomento timidamente proposto a Taormina nell’ambito del G7 e che sicuramente tornerà in auge ad Amburgo per il G20.
È stato il ministro Minniti, in attesa del vertice tedesco, ad avvisare l’Unione Europea che il governo potrebbe a breve disporre la chiusura dei porti a ONG straniere e a navi non europee in assenza di collaborazione internazionale. “Quello che stava accadendo nel Mediterraneo centrale e quello che accadrà nelle prossime ore nei nostri porti e lungo le nostre coste – dichiara il ministro – richiedeva la mia presenza qui a Roma. E delle decisioni immediate. Che sono state prese”.
Sbarco migranti in Italia: i dati del fenomeno
Le ONG che operano nel Mediterraneo secondo il rapporto annuale Frontex del 2017 contribuiscono per il 40% alle operazioni di salvataggio a partire da 12 miglia dalle coste libiche. Impedire l’approdo delle navi delle organizzazioni non governative non risolverebbe l’emergenza attuale che conta fino ad ora 180.000 migranti sbarcati sulle coste italiane. Beninteso che è necessario aprire un tavolo di discussione con le suddette associazioni (al momento l’Italia può solo indicare in quali porti è permesso sbarcare), è anche da prendere in considerazione che in assenza delle ONG, la Guardia Costiera ritornerebbe ad essere responsabile al 100% del salvataggio di uomini in mare e del respingimento delle navi non europee.
Immigrazione in Italia: la risposta dell’Unione Europea
Nonostante i leader europei esprimano la propria vicinanza al governo italiano, poco o nulla è stato fatto per smorzare i connotati dell’emergenzialità del fenomeno sbarchi. Il commissario europeo all’immigrazione Avramopulos si è detto disponibile ad aumentare i finanziamenti all’Italia e al governo libico per trattenere i migranti. La risposta data, seppur a caldo, alle richieste italiane è peraltro inconsistente. L’Unione Europea spera di trattare con il governo libico non riconosciuto in molte zone della stessa Libia a causa della guerra civile. I metodi libici sono ben noti alla cronaca nera ed includono sovente torture e violenze sessuali ai danni degli aspiranti europei. I vertici di Bruxelles tentano dunque di concludere un accordo diplomatico come quello euro-turco per bloccare la rotta mediterranea.
La linea governativa è lontana anni luce dall’inaspettata svolta del 2015, quando si misero in discussione gli accordi di Dublino e si iniziò a parlare di eque quote di ripartizione tra gli stati europei. Fu un esperimento particolarmente prolifico per la gestione del fenomeno. Il peso delle migrazioni divenne più sopportabile per i paesi mediterranei e gli esperti si misero al lavoro per stabilire le quote in maniera equa e sostenibile. Fece storia anche la temporanea decisione della cancelliera Angela Merkel di aprire i confini ai richiedenti asilo. In seguito, però, le prime reticenze si fecero strada e sempre più paesi rifiutarono di adempiere al compito loro assegnato. Due anni dopo il piano è totalmente naufragato e se l’Italia era tenuta ad accogliere il 9% dei migranti, ora ne accoglie il 90%. Uomini e donne a cui è negato il futuro.