Gatta Cenerentola: trama e recensione
Andando al cinema, da sempre, nella scelta del film ci si lascia quasi convincere dai grandi nomi, dai titoli intriganti, dagli stereotipi e, nella maggior parte dei casi, è inevitabile preferire un attore, un genere, piuttosto che un altro. Con la globalizzazione poi, oltre ai grandi nomi, ci siamo lasciati inebriare dai posti lontani, magici, che possono aiutarci ad evadere dal nostro quotidiano. Proviamo adesso a combattere contro un altro generatore di stereotipi: il film d’animazione.
Viene quasi automatico partire da Biancaneve e i sette nani, fino ad arrivare a Bolt, Up o Inside Out, passando per Fantasia e Toy Story. Inglese fa figo, e su questo ci siamo. Perchè allora, pensando ad un film d’animazione, la nostra mente non prova a vivere le simpatiche avventure di Totò Sapore? Giusto per citarne uno, ma ce ne sarebbero talmente tanti da menzionare… Tutto questo perchè? Semplice. Perchè è troppo facile lasciarsi sopraffare dai pregiudizi nella vita di tutti i giorni, figuriamoci nella scelta di un film.
Gatta Cenerentola
Oggi però vogliamo andare controtendenza. Vogliamo parlare di “Gatta Cenerentola“. E no, non pensate subito alla principessa salvata dal suo Principe Azzurro. Pensate alle idee e al lavoro di quattro registi Napoletani che decidono di contemplare un qualcosa di “diverso”.
Partiamo dai disegni. Come dichiarato dai registi, il film è in 3D, ma i disegnatori hanno ridipinto le scenografie a mano. Il tutto è stato realizzato con Blender, un programma gratuito, alla portata di tutti. C’è stato innanzitutto un grande lavoro sul doppiaggio e sui dialoghi e, successivamente, ai disegni. Da qui la lieve somiglianza tra i doppiatori e i personaggi del film. I disegni sono particolari, non hanno somiglianze con gli stili visti e rivisti dei cartoni giapponesi o americani, hanno un non so che che ti permette di apprezzare meglio le tante sfumature della storia.
“L’elemento magico”, come ha affermato Dario Sansone in occasione della presentazione al Duel Village di Caserta, è rappresentato dai numerosi ologrammi, che assumono un valore particolare nel corso della narrazione e, soprattutto, consentono ai personaggi di confrontare il passato con il presente.
La colonna sonora, prodotta ed edita da Ala Bianca, vede la firma di Luigi Scialdone e Antonio Fresa, alla quale si aggiungono le canzoni di canzoni di Guappecarto’, Francesco Di Bella, Virtuosi di San Martino, Ilaria Graziano, Daniele Sepe, Enzo Gragnaniello e i Foja, capitanati proprio da Dario Sansone. Insomma, varie generazioni della musica newpolitana hanno prestato il loro sound per rendere ancora più unico il sapore di Gatta Cenerentola.
Per quanto riguarda la storia, cadere nello Spoiler sarebbe troppo semplice, allora ci limiteremo a portarvi sulla nave, dov è ambientata la storia, senza salpare. E’ proprio questo il punto. Una nave che potrebbe compiere viaggi sconfinati, ma che resta ancorata lì dov’è. Provate ad immaginare perchè… “Cenerentola” è una bambina cresciuta proprio su questa nave “Megaride”, orfana di un padre che sognava di rilanciare Napoli e il suo porto. Vediamo come all’interno del film venga confermata la figura della famosa “Scarpetta“, che rappresenta, ancora una volta, sogni e sperenze di una ragazzina prigioniera di una nave e dei suoi “abitanti”. Altra figura è quella della matrigna cattiva che, anche in questo caso, si ritrova a mettere i bastoni tra le ruote a Cenerentola, ma la sua storia lascia trapelare tormento e tanta malinconia.
La bravura dei quattro registi sta proprio nel creare una storia basata su una favola antica ( Contenuta ne “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile) e riportarla nella Napoli dei giorni nostri. Napoli però si vede solo attraverso i personaggi della storia (Tra i doppiatori Massimiliano Gallo, Maria Pia Calzone e Alessandro Gassman). Ci sono le due facce della città: solarità e malinconia. Il nome della nave è “Megaride” e, volendo tirare in ballo un antico mito, come suggerito dai registi, prima della fondazione di Neapolis, il corpo della sirena Partenope fu sepolto a Magaride, essendo stata trasportata dal mare in quella zona, dopo essersi lasciata morire in seguito al rifiuto di Ulisse, e proprio da questo mito viene fuori il nome della nave. Oggi, invece, Megaride è la piccola isola di Napoli sulla quale sorge il “Castel dell’ovo”.
Insomma, Gatta Cenerentola ci mette davanti, ancora una volta, ai problemi di Napoli e lascia spazio a molteplici interpretazioni. Si. Perchè in questo film d’animazione non ci sono principi azzurri, nemmeno draghi e streghe cattive. C’è Napoli, vista con la criticità giusta attraverso metafore palesi e variegate. C’è Cenerentola, senza i topolini, ma con un “aiutante” altrettanto coraggioso. C’è infine il coraggio Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone, i quattro registi che hanno voluto raccontare la storia di una città ancorata in un mare di stereotipi.