Gae Capitano: Intervista all’autore di “Tabula rasa” di Ilaria Porceddu
Tra gli autori più interessanti del panorama autorale italiano c’è Gae Capitano, che ha recentemente firmato alcuni pezzi molto apprezzati sia dalla critica che dal pubblico, tra cui “Tabula rasa” per Ilaria Porceddu e “Il Dio delle piccole cose” per il trio Gazzè-Fabi-Silvestri.
Abbiamo incontrato ed intervistato l’artista torinese, vincitore di numerosi e prestigiosi riconoscimenti, tra tutti il Premio Lunezia, che ci ha raccontato la sua esperienza ed il proprio apporto alla canzone d’autore. Nel corso della sua carriera, ha collaborato con maestri del calibro di Maurizio Fabrizio ed Angelo Valsiglio, e presieduto in diversi concorsi canori nazionali.
Ciao Gaetano, come nasce generalmente la tua musica? Da cosa trae principalmente ispirazione? “Ci sono due tipi di musiche: quella che si scrive su ordinazione e quella che ti viene da dentro, per me scrivo principalmente sulle cose che mi incuriosiscono, anche se la leva maggiore emozionale è la malinconia, la mia personale leva e quando c’è le canzoni arrivano da sole. Personalmente sono specializzato in lenti. Probabilmente il mio modo di scrivere si trasmette bene nel cercare di tirare fuori le emozioni con un leggero disagio, perché la malinconia può essere vista anche in maniera piacevole”.
Sei l’autore di “Tabula rasa”, brano pubblicato nell’ultimo disco di Ilaria Porceddu ‘Di questo parlo io’, molto apprezzato sia dalla critica che dal pubblico. Com’è nata questa canzone? “E’ un pezzo a cui sono molto affezionato perché c’ho vinto il Premio Lunezia nella sezione testo. L’ho scritto nel 2012 durante uno stage di lavoro con Bungaro, autore collega che conosco e stimo da tempo. Due anni più tardi l’ho fatto sentire a Francesco Gazzè, che lo ha preso, lo ha trasformato e dato ad Ilaria, che ha contribuito anche alla musica, tirando fuori il meglio di questa canzone. Per me è stata una sorpresa, perché lei è veramente brava e sensibile”.
Precedentemente hai realizzato un altro brano importante, intitolato “Il Dio delle piccole cose”, presente nell’album “Il Padrone della festa” del trio Fabi-Gazzè-Silvestri. Cosa ci racconti di quest’altra esperienza? “Nel 2013 ho avuto la fortuna di partecipare e vincere un contest per autori voluto dal Maestro Maurizio Fabrizio. Ho cominciato a scrivere per lui dei pezzi molto impegnati, gasato dal fatto che li avrebbe ascoltati, tra cui c’era “Il Dio delle piccole cose”, che lui non ha utilizzato. Il pezzo ha girato su parecchie scrivanie, fino ad arrivare tra le mani di Max Gazzè, Niccolò Fabi e Daniele Silvestri che lo hanno inserito nel loro disco insieme”.
Hai partecipato in veste di autore ai principali concorsi canori italiani, dal Festival di Castrocaro all’Accademia di Sanremo, incontrando tanti artisti emergenti. C’è qualcuno che ti ha colpito particolarmente e che ti va di citare? “Sicuramente ho apprezzato molto Chiara Dello Iacovo che ho conosciuto al Premio De Andrè, prima dell’exploit di Sanremo e di The Voice, si sentiva subito che c’era del talento superiore alla media. Come anche Roberta Di Mario, un’artista straordinaria che in questo periodo sta aprendo i concerti di Roberto Vecchioni. I nomi da fare sarebbero tanti, mi vengono in mente Luigi Mariano, Selene Capitanucci e Tiberio Ferracane“.
In passato hai lavorato con il Maestro Maurizio Fabrizio, autore di grandissimi ed indimenticabili pezzi, cito tra tutte “Almeno tu nell’universo” e “I migliori anni della nostra vita”. Com’è stato collaborare con un pezzo di storia della musica leggera italiana? “Maurizio è una persona squisita e questo non è per niente scontato, perché i grandi artisti sono in fondo persone comuni, con il proprio carattere e le loro giornate no. Uno che scrive cose così belle non può che avere un’anima bella, lui è un’antenna sull’infinito che percepisce delle cose che noi non siamo in grado”.
Quali altri artisti, tra quelli che non abbiamo ancora citato, hanno arricchito e contribuito alla tua crescita professionale? “E’ una domanda difficile. Nella mia vita ho cercato di studiare tutto quello che ho potuto, nel senso che mi sono mangiato una marea di dischi. Cito Franco Battiato e Claudio Baglioni, ma ci sono altre tantissime cose di grandissimo livello, compresa Fiorella Mannoia. Chi cerca di scrivere musica oggi, bene o male, è passata da Ivano Fossati, Fabrizio De Andrè e Francesco De Gregori, che mi hanno ispirato. Poi, strada facendo, ho conosciuto diversi autori, che dietro le quinte mi hanno regalato degli altri aspetti, come Tony Bungaro ed altri numerosi colleghi con il dono della scrittura”.
In una canzone, dal tuo punto di vista, cosa è più “importante” tra testo, melodia ed arrangiamento? “In realtà tutto ha la propria parte fondamentale. Da un punto di vista tecnico, bisogna rendersi conto che, la musica è la prima informazione che arriva al cervello, serve per veicolare quello che vuoi dire, ma è il concetto che esprimi con le parole a colpire ed a restare nel tempo. Infine, l’arrangiamento è un un bel vestito, che si cuce addosso al testo e alla linea melodica, che rappresentano il vero e proprio successo di una canzone”.
Quali sono i tuoi progetti e sogni nel cassetto? “Come autore è naturale che mi piacerebbe continuare a scrivere per artisti importanti e che stimo, ma mi reputo già fortunato per quello che nella vita ho realizzato fino ad ora. Continuerò a lavorare affinché i miei pezzi vengano presi in considerazione da artisti affermanti ed amati dal grande pubblico, semplicemente per far sì che più persone possano ascoltarli e, magari apprezzarli. In questo ultimo periodo ho scritto dei pezzi per un artista molto importante. La mattina mi sveglio, li canto e ci credo che possa prenderli in considerazione perché li reputo belli e cuciti addosso a questa persona. Poi se non capiterà pazienza, mi ha comunque regalato un periodo bello in cui ci ho creduto. Alla fine, inseguire i sogni è il sogno più bello che ti può capitare nella vita”.