Cinema

Dolor y Gloria: Recensione del nuovo film di Almodovar

Il ritorno di Pedro Almodovar a Cannes doveva essere un evento e probabilmente lo è stato: il suo Dolor y Gloria fa commuovere critici e spettatori e – tramite un sottile velo di malinconia – riesce ad emozionare e a coinvolgere. Essendo, poi, uno dei pochi film usciti in contemporanea sia in sala che al Festival (aspettando il film di Bellocchio), riesce sicuramente ad acquisire un ruolo predominante tra le uscite di Maggio 2019.

Dolor y Gloria è in parte un film chiaramente autobiografico ed allusivo – come molta della produzione del regista spagnolo – ma il sottile gioco tra finzione e realtà è una colonna portante della sceneggiatura: sarebbe quindi riduttivo bollarlo come mero autobiografismo. Dolor y Gloria è in primo luogo un film delicato e introspettivo. Un regista che ha raggiunto la sessantina, Salvador Mallo (Antonio Banderas), è afflitto da costanti dolori fisici e vive in condizione di quasi isolamento, nonostante desideri tornare a scrivere e girare un nuovo film.

Alcuni incontri fortuiti gli permetteranno di reimmergersi nel suo passato, quello che per anni ha tentato di reprimere, e dare una tardiva svolta alla sua vita. “Le scoperte tardive sono le più pericolose”, gli dice un amico ed attore di un suo vecchio film di successo. Questa frase, seppur riferita all’uso di droghe da parte del protagonista, ben si adatta alle vicende morali che il regista Mallo vive.

Dolor y Gloria: Un flusso narrativo ininterrotto tra passato e presente

Le droghe sono elemento centrale nella narrazione. Tramite l’eroina il non più giovane regista riesce a dimenticare per qualche momento i suoi dolori fisici (in gran parte psicosomatici, raccontati con una forte carica comica Alleniana) e riaprire continui flashback verso la sua infanzia e la sua giovinezza. Dolor y Gloria, quindi, si configura principalmente come un film sul passato, sul ricordo, sull’incomunicabilità e sul dolore che bellissimi rapporti umani possono lasciare.

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Il nuovo film di Almodovar è anche un film sulla creatività: come gli antichi insegnavano, dal dolore nasce il genio. Superarlo e metabolizzarlo è una spinta creativa infinita e, di conseguenza, il ritorno al passato può giovare alla costruzione di un presente più luminoso. Il regista di Volver, poi, ben si guarda dal rallentare eccessivamente la narrazione per fare spazio ai ricordi: l’ottima scrittura del film presenta le vicende come un ininterrotto flusso di coscienza che fa viaggiare lo spettatore in maniera fluida tra passato e presente, tra povertà e ricchezza, tra compagnia e solitudine. Il grande merito del lavoro, poi, è quello di far rivivere in prima persona allo spettatore ricordi che non gli appartengono, anche solo tramite la voce.

Cambiamento e malinconia

Non manca neanche l’ambiguità che persuade tutti i personaggi che Almodovar ha creato per i suoi film, a volte declinata in chiave malinconica, a volta in chiave inquietante. Antonio Banderas, alla sua ottava collaborazione con il regista spagnolo, riesce pienamente ad entrare nell’atmosfera della Madrid di Dolor y Gloria, regalando una prova attoriale struggente ed a momenti tragicomica. Salvador Mallo, infatti, è un personaggio completo che conosce una vera e propria evoluzione. Cambiamento in stridente contrasto con gli altri personaggi, tra cui sua madre da giovane interpretata da Penelope Cruz: personaggi bidimensionali che rimangono tali perché legati al mondo del ricordo e della nostalgia.

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Dolor y Gloria è un grande affresco di vita nella sua interezza. Almodovar ci mostra gioia e sofferenza, rendendo la malinconia via d’accesso privilegiata per arrivare alla bellezza.

Voto: 4,5/5

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Matteo Squillante

Napoletano di nascita, attualmente vivo a Roma. Giornalista pubblicista, mi definisco idealista e sognatore studente di Storia e Culture Globali presso l'Università di Roma Tor Vergata. Osservatore silenzioso e spesso pedante della società attuale. Scrivo di ciò che mi interessa: principalmente politica, cinema e temi sociali.
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