Corea del Sud, molestie alle donne attraverso i videogiochi
Molestie sessuali, minacce di abusi fisici, abusi psicologici, insulti diretti ai familiari oltre che personali, sono solo una minima parte della lunga lista di quello che può succederti se sei un donna sud coreana e giochi ai video games.
Partite principalmente da appassionate di Overwatch ( un gioco online di battaglia ) la serie di denunce, per la maggior parte anonime, ma alcune anche coraggiosamente fatte a “volto scoperto”, sta mettendo in luce le difficoltà che trovano le donne coreane ad affermare le proprie libertà in una società ancora fondamentalmente misogina.
Overwatch viene giocato online e sopratutto in team, i giocatori comunicano verbalmente l’uno con l’altro usando dei microfoni per coordinare le proprie azioni sul campo di battaglia, così facendo il sesso dei componenti del team viene rivelato nel momento stesso in cui prendono contatto l’uno con l’altro. Recentemente una ricerca, condotta su 4884 appassionate di Overwatch, ha rivelato come il 97% ha subito o assistito a molestie verbali durante l’utilizzo del gioco. Il tipo di molestia è stato calcolato in un range che va dall’uso di termini sessisti ed arriva fino a minacce di violenza sessuale nella vita reale.
« Ho cominciato a giocare ai videogame che ero molto piccola e capivo poco dei computer » ha detto ‘Ana’ ( nome di fantasia per tutelarne l’identità ) a Korea Exposé « più crescevo più mi metteva a disagio rivelare di essere una gamer donna. Se sei molto brava devi sentirti dire che è merito del tuo ragazzo o di qualche uomo della tua famiglia, che ti approfitti del loro talento per un po’ di attenzioni, implicano che tu sia una poco di buono. Se invece non sei brava vieni insultata perché fai schifo »
La Corea del Sud possiede la 6° maggior industria di gaming del mondo e si stima che il 46% dei giocatori siano donne, eppure le piattaforme online risultano essere ancora riservate quasi totalmente ad un elité maschile. Un club ‘privato’ che non solo spesso spinge le players donne a giocare tra di loro, una specie di ‘ghettizzazione di genere’, ma che all’effettivo non da nemmeno degna rappresentazione al genere femminile. Ana ha spiegato in merito « ci sentiamo alienate. Non c’è rappresentazione femminile e quando c’è viene hyper-sessualizzata, oppure siamo raffigurate come damigelle in difficoltà. Vorrei ci fossero più donne in cui rivedermi quando gioco »
Molestie ed intimidazioni non sono comunque solo riservate al mondo del gaming online. L’intera cultura coreana è pervasa da misoginia e da una forte intolleranza del femminismo, visto come qualcosa da demonizzare. Solo a marzo il CEO della IMC Games ( una compagnia sud coreana di giochi ) è finito nel centro di una polemica per aver censurato pubblicamente il nome e il viso di una sua impiegata che aveva cominciato a seguire sui social un account dedicato ad un movimento femminista.
« Non è nuovo per nessuno che gli individui vengano ghettizzati e puniti perché femministi » ha detto un’esponente del gruppo femminista sud coreano, Womenlink « Kim Jayeon era rappresentante di una delle più grandi industrie di giochi in Corea, la Nexon, è stata licenziata dopo aver postato sui social una foto in cui indossa una maglietta con scritto ‘Girls Do Not Need a Prince’ ( “le donne non hanno bisogno di un principe” ) » e la lista prosegue.
Irene, leader del famoso gruppo musicale delle Red Velvet, è stata minacciata e riempita di insulti online per aver letto “Kim Ji Young who’s born in 1982” ( ‘Kim Ji Young che è nata nel 1982‘ ) storia originale di una donna di Seoul che passa la propria esistenza a combattere i pregiudizi e gli stereotipi di genere. Sohn Naeun delle A-Pink, altro gruppo popolare in Corea, è stata criticata e costretta a scusarsi per aver postato la foto della cover del proprio telefono con la dicitura “Girls can do Anything” ( ‘Le ragazze possono fare tutto’ ).
Sfortunatamente il tipo di cambiamento che dovrebbe avvenire in Corea del Sud, e in altre parti dell’est asiatico, sta avvendo molto lentamente trovando ancora forti opposizioni nella popolazione, in particolare quella maschile. Quello che le donne gamer possono fare, secondo Ana, è unirsi sotto un’unica bandiera, denunciare comportamenti di tipo abusivo che possono trovarsi a dover affrontare online e continuare a giocare, diventando magari loro stesse la rappresentazione forte femminile di cui sono state private.