Bioshopper a pagamento: il parere del Consiglio di Stato
Viene pubblicato il parere n. 859 del 29.03.2018 del Consiglio di Stato formulato dietro richiesta del Ministero della salute: i bioshopper commercializzati per l’acquisto di frutta e verdura possono essere portati “da casa”. Non solo, è possibile utilizzare anche materiali alternativi, quali ad esempio la carta, sempreché siano rispettate le norme vigenti in tema di sicurezza ed igiene.
Bioshopper cosa sono esattamente?
Sono i sacchetti biodegradabili e compostabili che dal 01 gennaio 2018 hanno sostituito quelli in plastica. Vengono utilizzati per imbustare frutta e verdura, carne, prodotti di gastronomia e panetteria, insomma i sacchetti che siamo abituati a vedere nei supermercati nei reparti del “fresco”. I sacchetti leggeri, comuni per la realtà della Grande Distribuzione, vengono però anche utilizzati nelle farmacie, nelle librerie e in altri piccoli esercizi commerciali. Il nome è evocativo. Infatti questi sacchetti derivano da materie prime rinnovabili in proporzione crescente negli anni (per il 2018 previsto il 40%, per il 2021 si dovrà arrivare al 60%). La composizione dei bioshopper li rende più velocemente deteriorabili rispetto ai “tradizionali” sacchetti di plastica …si stima che in circa 12 settimane scompaiano.
Perché e quando è stata introdotta la norma che prevede la commercializzazione dei bioshopper?
L’obbligo dei sacchetti biodegradabili è stato introdotto dalla Legge di conversione 3 agosto 2017, n. 123 recante: «Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno» ed è entrato in vigore con il 01 gennaio del nuovo anno. La previsione normativa è stata emanata in parte per recepire anche la Direttiva UE 2015/720 che prevede la graduale riduzione dell’uso di sacchetti di plastica. E’ stato però il nostro legislatore a determinare sia la data per l’introduzione dell’obbligo, sia la previsione che il costo sia sostenuto dal consumatore. Scelta pesantemente contestata nelle prime settimane dell’anno da associazioni di categoria e da gran parte del web. In realtà il costo dei bioschopper è limitato. In particolare le catene della Grande Distribuzione hanno applicato una spesa che va da 1 a 3 centesimi a busta. La ratio della norma poi esiste ed ha un senso: i tradizionali sacchetti di plastica non erano gratuiti prima, ma il costo era sostenuto dagli esercizi commerciali che poi li riversavano sul cliente finale conglobandoli nel prezzo delle materie acquistate. Esplicitare il valore dei sacchetti consente al consumatore di prendere consapevolezza sull’effettiva opportunità del loro utilizzo e disincentiva gli sprechi.
Il parere del Consiglio di Stato
Come detto la norma sui Bioshopper, al di là degli intenti virtuosi che si prefigge, non è stata accolta con grande fervore e in particolare non è stata apprezzata la loro non riutilizzabilità, dettata però da ovvi motivi igienici. Il Ministero della Salute, per rendere meno onerosa l’applicazione della disposizione, ha chiesto un parere al Consiglio di Stato circa le modalità applicative. Più in dettaglio sono stati posti due quesiti il primo dei quali riguarda la possibilità per i consumatori di usufruire, nelle sole aree di vendita a libero servizio (frutta e verdura), di sacchetti monouso acquistati al di fuori degli esercizi commerciali. Il parere reso ha dato esito positivo ed è stato ampliamente motivato. Il Consiglio di Stato ha evidenziato infatti come la risposta sia implicita nell’intento del legislatore che si prefigge di combattere la dispersione nell’ambiente di materiale plastico, sensibilizzando il consumatore e inducendolo ad un uso parsimonioso di un bene con un suo valore intrinseco diverso dalla merce, un bene inquinante e non disponibile illimitatamente. Pertanto si è ritenuto di poter prevedere la facoltà per il consumatore di acquistare tali buste in un esercizio diverso da quello dove poi verranno utilizzate. Non solo, il consumatore potrebbe anche sostituire i bioshopper con altri contenitori ancora meno inquinanti. La carta preferibile a tutti sempre però rispettando le regole relative alla sicurezza e all’igiene degli alimenti.
Bioshopper e obblighi per gli esercizi commerciali
Il secondo quesito del Ministero della Salute riguarda gli obblighi scaturenti per gli operatori del settore alimentare in caso di utilizzo di contenitori monouso portati “da casa”. Il Consiglio di Stato ricorda l’esistenza di un quadro normativo CE relativo sia ai requisiti essenziali che devono avere i contenitori che vengono a contatto con gli alimenti, sia alle responsabilità che rimangono a carico del distributore di alimenti anche quando non provvede direttamente al confezionamento. Ne deriva che l’esercizio commerciale deve vigilare sulla conformità e sulla idoneità dei sacchetti utilizzati dall’acquirente anche se non stati acquistati all’interno dell’esercizio commerciale. Come concretamente gli esercenti potranno attuare questa norma lascia perplessi, ma in qualche modo dovranno provvedere.
Solo un consiglio… carta, sacchetti biodegradabili portati da casa o acquisiti all’interno degli esercizi non basta! Occorre prestare attenzione alle etichette per lo più non adatte a finire assieme ai rifiuti della raccolta dell’umido, perché contengono carta, colla e inchiostro. Una buona abitudine, per praticità, sarebbe quella di apporle sui manici in modo da poter provvedere agevolmente alla raccolta differenziata.