Bambina Morta in Auto, Genitori chiudono Facebook per Offese
Il dramma per la giovane coppia aretina non si arresta. Dopo la precoce scomparsa della piccola Tamara, tragicamente dimenticata in auto ad Arezzo il 7 giugno scorso, mentre la mamma si recava a lavoro si aggiunge al dolore la becera sollevazione popolare che sfoga lo sdegno nel modo peggiore possibile. Minacce e istigazione al suicidio sono giunti ai genitori tramite Facebook.
I social diventano un improvvisato tribunale
Dopo la morte della piccola Tamara il web, come potevamo immaginare, si è scatenato. Non bastava il dolore immenso di una madre, piegata dalla consapevolezza d’esser stata artefice inconsapevole della dipartita di sua figlia. Averla protetta dal mondo per nove mesi come ogni amorevole mamma, nutrita, cullata nel ventre. Amata… No, non è bastato.
Dove stia di casa l’empatia degli italiani quando occorre noi non lo sappiamo; dove stia l’affinità di altre mamme, legate da un filo di seta per l’amore verso i propri figli idem. Quel che è certo è che alcuni di essi si siano sentiti in obbligo d’ergersi a inutili giudici infierendo la propria frustrazione attraverso i social. Inviando a una madre e un padre sofferenti un fiume ininterrotto di critiche e di offese, a mezzo Facebook. Un fiume che ha fatto scattare nuove indagini da parte della procura di Arezzo, questa volta per minacce e istigazione al suicidio.
I dettagli della vicenda
Ilaria Naldini, 38 anni e mamma di Tamara, mercoledì pomeriggio ha dimenticato la sua splendida, amatissima bambina in auto. “Ero certa di averla lasciata all’asilo, come sempre“, ha raccontato al Pm sotto shock. Ma i social non le hanno lasciato scampo, concedendole nemmeno il beneficio del dubbio; nessuna empatia, nessuna pietà. Ci si è permessi il “lusso” d’asserire che Ilaria Naldini non fosse una mamma, che dovesse pagare per quello che ha fatto. Che avrebbe dovuto “lavorare meno e pensare più a quella figlia”. I peggiori le hanno dato pure dell’assassina e altre volgarità che qui non riportiamo. Ma soprattutto, senza alcuna umanità, c’è chi si è augurato anche che “quella donna si uccida”.
Altre offese sono state scritte sul profilo di Adriano Rossi, marito di Ilaria e padre della piccola. Fortunatamente qualcuno ha fatto capire che in quei messaggi si poteva ravvisare un reato d’istigazione al suicidio, così alla fine gli autori li hanno rimossi. Ad ogni modo però, ieri entrambi i genitori sono stati costretti a dover cancellare i loro profili su Facebook. Le offese però sono continuate contro altre omonime di quella mamma.
Le nuove indagini ad Arezzo
Il procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, sentiti i genitori ed esaminati i messaggi in questione ha deciso di avviare un’indagine parallela contro i protagonisti delle invettive via web. I reati ipotizzati sono “minacce, istigazione al suicidio, diffamazione aggravata”. I magistrati stanno nominando un collegio di esperti – psichiatri e psicologi – che dovrà stabilire se nel “black-out” della madre è configurabile una colpa; in caso contrario non sarà punibile. L’autopsia eseguita ieri, in merito, ha stato confermato che la piccola Tamara sia morta per arresto cardiaco, provocato dal calore dell’abitacolo della Lancia Ypslon posteggiata sotto il sole.
Appena giunta a lavoro una collega della mamma ha domandato come stesse Tamara e dove fosse. Ilaria le ha risposto “L’ho appena portata all’asilo nido“, certa come sempre. Non aveva dubbi. All’uscita dal lavoro, quando l’ha intravista nella sua auto ha avuto il primo pensiero che qualcuno fosse andata a prenderla al nido al posto suo. Solo quando ha poi capito la memoria è riaffiorata; e si è ritrovata ad urlare il suo dolore, disperata. Quel dolore l’hanno potuto sentire tutti, in piazza.
Ilaria non è una sprovveduta né un’assassina. E’ una ragazza e una donna come noi; una persona colta, con una laurea in legge e segretaria comunale a Castelfranco di Sotto e a Terranuova Bracciolini, in provincia di Arezzo. Ma soprattutto Ilaria è una mamma. Una mamma che, con suo marito, aveva messo su famiglia e si stava alacremente dando da fare, dividendosi fra casa e lavoro. Mercoledì è avvenuto quel che in molti psicologi e psichiatri spiegano come amnesia dissociativa, black-out mentale davvero spaventoso, che non dimentichiamolo… potrebbe accadere a ciascuno di noi. Sempre più impegnati infatti, tutti noi ci apprestiamo a vivere le nostre vite in maniera così abitudinaria, a svolgere routine sempre più intense. E alla fine “soccombiamo” a questo stress, attutendo il colpo solo fisicamente, falsamente vigili. Ma mentalmente come stiamo, davvero?
Si dovrebbe comprendere, ora come ora il dolore di una famiglia spezzata, un dolore che non può essere alleviato in alcun modo e con cui questa giovane coppia dovrà convivere ogni giorno. Un dolore verso il quale si dovrebbe implicitamente portare rispetto, col silenzio. Non come atto dovuto. Ma come atto d’umanità.