Arabia Saudita Iran, scontro per il Medio Oriente
Dal quadrante mediorentale arrivano ogni giorno notizie che si sommano tra loro e che dicono poco o nulla al grande pubblico. Che sia un attentato in qualche città o incontri tra primi ministri, generalmente sono notizie che ben presto passano via senza lasciare traccia. Per provare a comprendere cosa accade oggi in quell’angolo di mondo bisogna fare qualche passo indietro.
In particolare nel biennio 79-80 alcuni eventi hanno acceso una situazione già di per se molto complessa. Prima l’invasione sovietica dell’Afghanistan per sorreggere il regime filocomunista minacciato dai mujaheddin appoggiati da Stati Uniti e Arabia Saudita e poi l’invasione irachena dell’Iran, con Saddam all’epoca ancora non troppo nemico dell’Occidente. Sono nate e crollate alleanze, speranze, rivoluzioni, si sono combattute e si combattono guerre che hanno completamente devastato diversi paesi e più in generale si è creata un’instabilità le cui radici sono ancora fortemente ancorate allo scontro che ancora oggi minaccia l’intera regione.
Si potrebbe dire che dal VII secolo le cose non sono poi cambiate molto. In quell’epoca lo scontro era tre le due “fazioni” nascenti di sunniti e sciiti, oggi è soprattutto tra Arabia Saudita e Iran e i loro relativi alleati. L’Arabia, la monarchia assoluta sunnita wahabita dei Saud e la Repubblica Islamica dell’Iran, risultato della rivoluzione khomeynista del 1979. Il mondo del sunnismo contro quello dello sciismo. In parte è così, ma come sempre le vere motivazioni degli scontri sono di carattere geopolitico ancor prima che religioso.
Due fronti aperti
Negli ultimi anni sono esplosi due “conflitti civili” che in verità sono vere e proprie guerre per procura dove sauditi e iraniani hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo fondamentale. In Siria decenni di predicatori salafiti pagati dai sauditi hanno fomentato l’ala più estremista dei sunniti che in Siria sono maggioranza ma si vedono governati da una minoranza sciita per di più alauita. Obiettivo cardine dell’estremismo salafita sono proprio i regimi “laici, sciiti ed eretici” e Assad incarna appieno questa dicitura. Da millenaria culla di convivenza religiosa la Siria è diventata una nazione totalmente “balcanizzata” e dove le minoranze religiose sono in pericolo, sebbene Assad non si sia mai macchiato dell’atto vergognoso di persecuzione religiosa. Anzi, forse proprio perchè appartenente agli alauiti ha sempre dimostrato moderazione nel toccare l’argomento della religione nella complessa realtà siriana. Dopo lo scoppio nel 2011 del pandemonio della lotta interna l’Iran è arrivato in appoggio all’alleato siriano congiuntamente all’ala armata del partito sciita libanese Hezbollah. Per ora la caduta di Assad è stata scongiurata proprio dall’intervento di supporto prima iraniano e poi russo. Ciò che più preoccupa l’Occidente è che l’attivismo persiano ha permesso all’Iran di costruire il cosiddetto “corridoio sciita”, un’asse geopolitico e strategico che collega Teheran-Baghdad-Damasco e Beirut (grazie all’appoggio con Hezbollah).
L’altro fronte aperto è quello in Yemen. Un conflitto più sfumato ma altrettanto devastante e in cui le vittime civili pagano molto più di quelle militari, con un ulteriore rischio di una gigantesca epidemia di colera pronta a scoppiare. A partire dal 2015 la guerriglia tra i ribelli Huthi (sciiti zayditi) e l’esercito yemenita è esplosa facendo quasi 20mila vittime. A sostenere l’esercito dello Yemen c’è una coalizione internazionale con a capo i sauditi, mentre gli huthi hanno al loro fianco alcuni gruppi locali. Al contrario della Siria, l’Iran non ha suoi uomini sul terreno: fornisce finanziamenti e armi ai ribelli huthi ma non partecipa direttamente come fa in Siria. L’area di conflitto è in particolare quella nell’ovest del paese e che poi si è allargata in parte anche oltre il confine saudita nella zona dove si concentra la minoranza sciita nel regno dei Saud. Sebbene la sproporzione sul campo e l’ingente acquisto di armi dagli USA (circa 110 miliardi di commissioni) fino ad ora la coalizione saudita non è riuscita ad avere la meglio sulla minoranza huthi.
A questi due conflitti si sono sommati almeno altri due eventi passati un po’ sottotraccia ma che sono altri piccoli tasselli dello scontro Arabia-Iran per la supremazia nella regione. Dapprima c’è stato l’isolamento diplomatico del Qatar accusato dai più grandi finanziatori mondiali del jihadismo di “finanziare i terroristi” e poi il “sequestro” del premier libanese Hariri, tenuto in ostaggio a Riyad. Due mosse con cui l’Arabia Saudita ha cercato di mettere l’Iran spalle al muro, isolando il Qatar che aveva rafforzato i suoi rapporti diplomatici e commerciali con l’Iran e accusando Teheran di volere la morte di Hariri per destabilizzare il Libano. Per fortuna due eventi che non hanno fatto esplodere la situazione, che comunque rimane sempre incandescente e instabile.
Da una parte l’alleanza de facto Usa-Israele-Arabia Saudita e dall’altra il “corridoio sciita” e la Russia, a cui l’Iran garantisce l’accesso ai mari caldi del sud. Le tensioni mascherate da conflitti pseudo religiosi sono in verità di natura ben più ampia e sono strettamente legate alla sbandierata volontà di potenza per la supremazia regionale. Un’area da decenni deflagrata da guerre e conflitti di ogni genere e utilizzata dalle potenze occidentali a loro piacimento. Ancora oggi il Medio Oriente è una regione instabile e imprevedibile che sembra incapace di trovare un equilibrio sociale, religioso e soprattutto diplomatico e politico.