E’ meno dibattuto del TTIP e del CETA, ma è ugualmente rilevante per il commercio europeo: il JEFTA (Japan-Europe Free Trade Agreement), è un accordo di libero scambio che si propone principalmente l’abbattimento dei dazi doganali, al fine di facilitare le esportazioni e generare crescita economica. Non solo commercio, però, dato che l’intesa include le normative sul clima dell’accordo di Parigi e alcune in materia di protezione di dati personali.
Il cuore dell’accordo è comunque l’abbattimento dei dazi: verranno progressivamente rimosse le tariffe imposte dal Giappone sull’importazione di prodotti agroalimentari (come vino e formaggi) e al contempo facilitate le esportazioni nipponiche di auto e pezzi di ricambio, armonizzando gli standard tecnici dei due pool commerciali. A ciò si aggiunge l’apertura di molti appalti pubblici giapponesi alle imprese europee.
Per l’Italia, si prospettano dati positivi, essendo in crescita l’export verso Tokyo (attualmente intorno ai 6 miliardi annui), ma soprattutto grazie al riconoscimento di 205 denominazioni di origine IGP e DOP, che dovrebbero tutelare il made in Italy dalle imitazioni, sempre più diffuse e decisamente penalizzanti per il nostro settore agroalimentare. L’accordo ha un peso politico non indifferente, ponendosi in diretto contrasto con le politiche protezionistiche propugnate dal Presidente USA, Trump: ciononostante, l’UE prevede di stipulare accordi simili con molti altri partner, in Medio Oriente, Asia e Sud America.
L’ultimo nodo da sciogliere riguarda la protezione degli investimenti e l’arbitrato per i contenziosi fra Stati e imprese, uno degli elementi più delicati e dibattuti, soprattutto nel più famoso TTIP; in questo caso, però, la soluzione sembra essere a portata di mano. Non mancano comunque, le voci critiche: Greenpeace Olanda ha pubblicato un documento segreto delle negoziazioni, sollevando dubbi sulla sostenibilità ambientale e sull’impatto rispetto alle tutele lavoristiche.
