Attualità

Abu Mazen chiede scusa agli Israeliani per le parole sull’Olocausto

Sono arrivate ieri le scuse da parte del Presidente palestinese Abu Mazen dopo le dichiarazioni fatte il 30 Aprile durante il Consiglio Nazionale Palestinese a Ramallah e trasmesse in diretta tv. Secondo quanto detto dal Presidente, la Questione ebraica che ha caratterizzato e coinvolto da sempre l’Europa non era diretta contro la religione ma contro le mansioni sociali degli ebrei, legate ad usura, attività bancarie e simili. Abu Mazen ha inoltre definito lo Stato di Israele un “prodotto coloniale” britannico, facendo sicuramente riferimento alla Dichiarazione Balfour del 1917 che prevedeva il riconoscimento del diritto degli ebrei europei di costruire un proprio stato in Palestina. A sostegno delle sue parole, Abu Mazen ha accennato a tre scrittori ebrei che nei loro libri avrebbero sostenuto la suddetta tesi.

La risposta di Israele a queste asserzioni è stata dura ed è stata accopagnata dalle critiche di rappresentanti delle organizzazioni internazionali. Benjamin Netanyahu ha definito il discorso di Abu Mazen “antisemita e patetico”, dicendo inoltre che negare l’Olocausto una volta equivale al negarlo per sempre; Danny Danon, ambasciatore israeliano e rappresentante ONU ha inviato una lettera al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiedendo la condanna delle dichiarazioni fatte; rappresentanti di UE e ONU hanno definito il discorso inaccettabile e inquietante e lo US Holocaust Memorial Museum lo ha disapprovato definendolo “grossolanamente” (e storicamente) “impreciso”. L’inviato della Casa Bianca in Medio Oriente Jason Greenblatt ha invece escluso che la pace tra i due paesi possa essere costruita su questo tipo di fondamenta. Ad ogni modo non è un segreto che tra la Palestina e gli USA non tiri una buona aria da quando il Presidente Trump ha dichiarato lo spostamento dell’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, disconoscendo quindi Gerusalemme Est come capitale della Palestina.

Dopo la bufera e dopo la sua conferma a capo del Comitato Esecutivo dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), Abu Mazen ha detto di avere profondo rispetto per al fede ebraica e per tutte le altre fedi monoteistiche, di condannare la Shoah come uno dei crimini più odiosi della storia e l’antisemitismo in ogni sua forma.

Tra le scuse e le accuse delle due parti coinvolte ci sono però delle questioni irrisolte e che andrebbero esaminate con più urgenza a livello internazionale. Ieri su Al Jazeera sono stati pubblicati gli ultimi dati sui morti palestinesi uccisi sulla Striscia di Gaza dall’esercito israeliano. Dal 30 Marzo scorso, ossia dal giorno dell’inizio delle proteste in occasione della Grande Marcia del Ritorno si contano 41 morti palestinesi e oltre 7.000 feriti. Le proteste dovrebbero terminare il 15 Maggio, giorno della Nakba (o catastrofe) in ricordo del 15 Maggio del 1948 in cui gli Israeliani si stabilirono nei villaggi e nelle città palestinesi, allontanando con la forza circa 750.000 arabi.

Infine, come giustamente asserisce Arturo Scotto, politico di MDP nel suo Blog, l’errore di Abu Mazen non può essere un pretesto per seguitare a ignorare la Palestina e il suo riconoscimento come Stato. Scotto sottolinea l’importanza  e la necessità di una posizione forte italiana ed europea nel conflitto israelo-palestinese. Si deve discutere del conflitto, della drammaticità che l’area mediorientale sta vivendo, della sofferta occupazione coloniale e della promozione di un processo di pace che giunga finalmente a riconoscere lo Stato di Palestina.In questo modo le nuove generazioni di palestinesi, inserite ormai in un contesto multiculturale e globale, potrebbero spostarsi liberamente e interagire al di fuori dei confini palestinesi e si eviterebbe l’inasprirsi delle posizioni e delle azioni di Hamas, sempre più lontane dal percorso di riconciliazione.

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