Trump al World Economic Forum difende la politica protezionistica
“Pace e prosperità.” Si è presentato così il presidente degli USA, Donald Trump, a Davos, tempio del libero commercio mondiale per il World Economic Forum. Ma dietro il perbenismo di facciata il presidente ha mosso l’offensiva a favore della sua politica protezionistica. Il Tycoon intende fare sul serio e al Forum svizzero cercherà di convincere “la gente a investire negli Stati Uniti d’America”. L’obiettivo dunque è vendere il più possibile il prodotto made in USA nel mondo. Per far ciò al suo arrivo è stato preparato l’annuncio sui dazi voluto su lavatrici e pannelli solari che non sono prodotti negli Stati Uniti. E non è finita qui: il presidente ha annunciato anche possibili restrizioni anche sulle importazioni di acciaio e alluminio. Fin qui l’inquilino della Casa Bianca si è dimostrato abbastanza restio ai grandi accordi di libero scambio che a suo dire indeboliscono l’economia a stelle e strisce e causano un’ingente perdita di posti di lavoro.
Perché il protezionismo viene considerato importante in America
Il ministro del commercio statunitense, Will Ross, ha specificato come questo intervento sia di natura difensivista al fine di prevenire e gestire comportamenti scorretti da parte di Paesi concorrenti come la Cina. Quest’ultima è stata accusata di creare concorrenza sleale sul mercato con manodopera a basso costo e materiali di scarsa qualità. Pechino, dal canto suo, ha accusato il colpo e ha deciso di invocare la cooperazione come “unica direzione” nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti. Al momento però restano le uniche certezze: il ritiro degli USA dall’accordo commerciale con i Paesi asiatici, la richiesta di modifiche dell’accordo economico con Canada e Messico, il definito abbandono di un accordo Transatlantico con l’Unione Europea. D’altronde “il presidente preferisce gli accordi bilaterali, più veloci” come affermato sempre dal ministro del commercio. E in quest’ottica va segnalata la vicinanza alla premier Britannica, Theresa May, evocando un trattato Washington – Londra, in un incontro face to face, che farebbe crescere gli scambi tra i due Paesi in modo esponenziale. Infine nella serata di ieri il Tycoon, in un’intervista rilasciata alla Cnbc, ha dichiarato che “il livello del dollaro dovrebbe essere basato sulla forza dell’economia americana. Il dollaro si rafforzerà e io voglio vedere un dollaro forte.”
Un dollaro debole per favorire gli export: la reazione dei Leader UE
Sempre da Davos il Segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, ha usato toni più conciliatori rispetto al suo presidente, sostenendo come gli USA siano “favorevoli al mercato libero”, ma stiano semplicemente cercando “ di proteggere gli interessi degli americani, come dovrebbero fare tutti i Leader di grandi Paesi.” Anche sulla questione dollaro il segretario è intervenuto specificando che “la sua posizione circa un dollaro debole (per favorire l’export) non è cambiata, magari è un po’ diversa rispetto a quella dei miei predecessori.” Le affermazioni sono state subito riprese dal governatore della BCE, Mario Draghi, e hanno suscitato l’irritazione di molti leader mondiali. Merkel e Macron hanno già espresso il loro dissenso a questa nuova politica protezionistica specificando come “oggi, cento anni dopo la catastrofe della Grande Guerra, dobbiamo chiederci se abbiamo imparato la lezione della storia.” Anche il premier Italiano, Gentiloni, ha espresso la sua difesa verso multilateralismo: “non si può rompere tutto, viviamo in un sistema di leggi internazionali e in un mercato globale che dobbiamo mantenere in vita, magari con correzioni, ma senza distruggerlo. Il protezionismo alla lunga danneggia la crescita.”
L’America al primo posto, ma non da sola
“L’America al primo posto, ma non da sola” è una delle frasi su cui si è retto il discorso, tenuto qualche minuto fa dal presidente degli USA. Trump ribadisce la sua idea di protezionismo a favore dei cittadini e delle imprese americane, specificando come comportamenti non equi rovinino l’economia non solo statunitense ma anche mondiale. Si è detto pronto a intraprendere più accordi commerciali con vari paesi, sintesi di quell’isolazionismo avviato subito dopo l’insediamento alla Casa Bianca. Ha elogiato la sua amministrazione che di fatto ha abbassato le tasse dal 35% al 21% favorendo lo sviluppo economico, creando nuovi posti di lavoro, aumentando così il reddito delle famiglie americane. Lo snellimento della burocrazia ha anche favorito la nascita e l’investimento nelle imprese garantendo così una forte e solida ripresa economica. Il Tycoon ha menzionato anche il problema sicurezza, non solo a livello militare dove gli USA hanno investito tanto, ma anche energetica. “Uno Stato oggi non deve dipendere da un solo fornitore energetico” e dunque l’impegno americano è quello di favorire uno sviluppo anche sul piano dell’energia di cui potranno disporre imprese e cittadini. Infine non manca la stoccata ai programmi nucleari di Corea del Nord e Iran. Il presidente confida nella cooperazione internazionale affinché i relativi piani di Iran e Corea vengano fermati per garantire la sicurezza di tutti i cittadini. In ultima analisi ha confidato in un futuro roseo per gli Stati Uniti d’America e dunque considera questo un ottimo momento per chi volesse investire e fare affari negli USA. Esattamente come annunciato alla vigilia Trump ha mantenuto le attese con l’obiettivo di attrarre pesanti investimenti nella più “grande economia del Mondo”.